Vidi mia madre guardarlo in modo sospettoso. E’ una persona sospettosa, mia madre. E’ sospettosa specialmente di due cose: gli uomini strani e le uova bollite. Quando apre un uovo bollito ci scruta dentro come se si aspettasse di trovare un topo o qualcos’altro. Con gli uomini strani ha una regola d’oro che dice: "Più gradevole sembra essere un uomo, più devi essere sospettosa. Quell’omino era particolarmente gradevole. Era educato. Parlava bene. Era ben vestito. Era un vero gentleman. Sapevo che era un gentleman per le sue scarpe. "Puoi sempre dipingere un uomo dalle scarpe che indossa" era un altro dei detti preferiti di mia madre. E quest’uomo aveva delle meravigliose scarpe marroni…
I suoi modi erano fini e delicati. Il suo viso
rugoso e vecchio mostrava le pieghe della sua decadenza fisica. In bocca
mordeva sempre un sigaro; l’effluvio acre impregnava i suoi polpastrelli
affusolati e ne rivelava la mordace consumazione. E quelle mani abili e morbide
avevano delle movenze maliardiche, incantatrici. Era nelle mani la sua
inadeguatezza. Mia madre ne convenne subitamente e ne rimase turbata. Vidi i
suoi occhi lampeggiare e il sole tramontare dietro di lei. La finestra si
spalancò, il vento la seguiva. Nella stanza scese il gelo. Il silenzio fu
scalfito dalla follia delle sue chimere. In un attimo
cambiò il volto di ogni cosa.
In un giorno che potrei definire anonimo e banale, fra il tepore di un sole che andava a morire, in un luogo che tutt'oggi mi rimane indefinito, perché poco lo contemplai, conobbi quell’uomo a lei conosciuto. Quelle sue mani un tempo l’avevano
cinta, ne sentiva la forza e la consistenza. Conosceva quel sospetto. Mia madre
non era una donna comune: nascondeva segreti inaccessibili anche per noi figli.
Era stata una donna e chissà quante altre. Da uno scritto sgualcito, anni or sono,
venni a scoprire per caso che mia madre era stata abbandonata all’età di tre
anni in uno squallido orfanotrofio in Russia. Ancor più sconvolgente divenne una scoperta
inaspettata e incomprensibile: mia madre era una Spia del KGB. Me lo confessò una mattina di tanti anni fa, mentre facevo colazione, mentre lei beveva il suo caffè verde ed io annegavo i miei dubbi, costringendomi ad una dolorosa verità. Mia madre mi colpiva intimamente, con verità spiazzanti, nelle ore belle e dolci quando il sole esplodeva di vita. Seppi più avanti
che uccise spietatamente degli uomini.
Tuttavia capii che quella donna, seppure mi fosse madre fino
alle viscere, mi sarebbe rimasta per sempre sconosciuta. E adesso che nei suoi
occhi scorgo il turbamento, capisco che di quell’uomo ha paura. Entrambi erano
lì per lo stesso sporco scopo. Gli assassini hanno un fiuto particolare per
riconoscersi. Io accompagnai mia madre perché fu lei a chiedermelo, avrei dovuto sospettare che volesse rovinarmi la giornata.
Mia
Madre, davanti a me, tirò fuori la sua pistola guardandomi con uno sguardo che
mai le rividi più, sparò. Il vecchio uomo cadde accasciandosi a terra. Le sue
scarpe s’imputridirono di sangue. Dalla sua giacca la polizia ricavò la carta
d’identità, Andrea Siriani, servizi segreti Americani; era anche lui una Spia. Mia
madre fu arrestata; non si oppose. Ogni tanto le faccio visita. Non parlammo
più di quanto accadde quel pomeriggio. Soltanto adesso capisco la paura e
l’infelicità provata nel conoscere e nell’uccidere suo padre. Si dice fosse il
suo ultimo incarico nel KGB.
Maria Valentina Attinà
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