mercoledì 25 gennaio 2012

L'importanza di avere un telefono...fisso.


In Calabria le cattive notizie arrivano sempre in ritardo; le belle a volte non arrivano mai. Possiamo affermare, però, con estrema sicurezza che, sebbene quasi tutte le case dei paesini delle provincie calabresi siano fornite di televisori super teconologici (i giornali cartacei lì non arrivano), ancora le notizie culturali importanti vengono, o per dimenticanza o per ignoranza, omesse; tuttalpiù vengono liquidate con poche sterili parole dai scrupolosi notiziari nazionali o regionali.
Così, capita che giungano dopo giorni; capita che,inaspettatamente, vengano comunicate tramite l'unico mezzo disponibile e utile in questi remoti paesini: il telefono fisso! (Scarseggiano, per nostra buona salute, e non per mia fortuna,  le antenne dei vari gestori telefonici per telefoni mobili).
Oggi è accaduto proprio questo: con poche parole, per telefono (vi risparmio le dinamiche della coversazione tutta culturale), vengo a conoscenza della morte di un grande romanziere siciliano. Uno degli ultimi veri del secolo scorso.
Era un grande uomo. Occhi scuri e vispi, la fronte rugosa. Contava settant'otto anni, tuttavia il volto rivelava una bellezza giovanile ancora intatta. Il sorriso spalancato alla vita. Nacque un giorno di febbraio, il 18 del 1933 a Sant'Agata di Militello, in provincia di Messina.Sabato 21 gennaio 2012, a Milano, la sua dipartita. Considerato dai critici uno dei più grandi scrittori contemporanei; voce della Sicilia e del Sud; candiadato più volte al premio Nobel per la Letteratura; vincitore di numerosi premi all'estero e in patria: ha vinto il Premio Pirandello per il romanzo ''Lunaria'' nel 1985, il Premio Grinzane Cavour per ''Retablo'' (1988), il Premio Strega con ''Nottetempo", il Premio Internazionale Unione Latina con ''L'olivo e l'olivastro'' (1994), il Premio Brancati con ''Lo spasimo di Palermo'' (1999), il Premio Flaiano (1999) e il Premio Feronia con "Di qua dal faro'' (2000).
Esordi' nel 1963 con "La ferita dell'aprile" (Mondadori), ma si e' pienamente rivelato al grande pubblico con "Il sorriso dell'ignoto marinaio" (Einaudi 1976).
 Dopo aver vinto un concorso in Rai nel 1968, si trasferì e lavorò a Milano.
In una significativa intervista del luglio 1977 di Mario La  Cava, suo amico, entrambi sorridono su chi insegue il successo e la fama: 
Siamo nati e cresciuti nel Meridione, siamo di una terra troppo antica e troppo saggia per nutrire certe illusioni, per credere a moderni e ambigui valori, a miti americani .[...] Grandi scrittori come Alvaro e De Roberto sono stati  subito dimenticati. Figurati cosa capiterà a noi, infinitamente più piccoli, a noi dico, non dopo morti, ma ora, subito [...]

Mi piace pensare che, adesso, siano insieme lo scrittore di Sant'Agata di Militello ,Vincenzo Consolo, quel tenero,candido,poetico Mario La Cava di Bovalino
e Leonardo Sciascia di Racalmuto. (Accomunati anche nella fine tormentata da un cancro). Mi piace pensare che vivranno per sempre, che non verranno dimenticati né subito né ora; Mi piace nutrire quest'illusione , anche se provengo da una terra troppo antica e saggia, anche se sono nata nel Meridione; in un paesino calabrese dove è
importante, ancora, avere un telefono fisso.

venerdì 20 gennaio 2012

I POLITICI


          C’e’ un signore basso e ricco

che l Italia mette in riga

se le coscienze vanno a picco

lui si consola con la figa.

Perde tempo, spende e spande

e di tutti se ne fotte

e’ finito gia’ in mutande  

ma continua ad andar a mignotte.

C’e’ chi invece e’ un po’ piu sobrio

si vede poco ed e’ impostato

quando parla, ma che obrobrio

e’un innocente ingiustificato.

Lui niente ha mai saputo

dell’appartamento in omaggio

cosi generoso quello sconosciuto

  ma se so chi è! ”, si merita un pestaggio.

C’e’ uno “alto bello e biondo”

che ce l’ha con il precario

se l’economia va a fondo

lui difende il suo salario.

Della giustizia il paladino

il suo monito non si disperda

come disse di banco il suo vicino

“ e’ proprio un gran nano di merda”.

I piu’ sobri sono loro

delle camere i presidenti

uno e’ calvo l’altro e’ moro

sono stati un po’imprudenti

“Mi tradira’ tre volte prima che canti il gallo”

“Della politica abbatteremo i costi”

uno ha la casa non sua a Montecarlo

l’altro fa vacanze con gli euro nostri.

Potrei continuare all’infinito

ma la situazione alla lunga stanca

Bossi nel culo deve mettere il suo dito

ad una rivoluzione poco ci manca.


Ci han definito “ bamboccioni”

ci hanno rubato il futuro nostro

dobbiam tirare fuori i coglioni
SOLO NOI POSSIAM METTERE LE COSE A POSTO…

Scritto da AV

giovedì 19 gennaio 2012

Angeli violentati



Sento il bisogno, quasi la necessita’ incombente, di sottolineare come l’animo umano, latente espressione di nobili virtu’, possa essere avvolto, intorpidito e sopraffatto da silenti sussulti di vilta’.L’ineffabile leggerezza con cui vengono perpetuati abusi, il torbido mare della crudelta’ in cui si lavano le coscienze, in cui l’efferatezza dei gesti viene annegata nella sorda indifferenza , nella quasi normalita’, in alcuni casi familiare, di una sopraffazione dell’ingenuita’, della purezza del corpo  e dell’anima di un bambino. La violenza, da condannare in ogni sua forma ed espressione, “ vive con noi, vive in noi. E’  simbolo di una convivenza civile deteriorata, di una civiltà malata, al tramonto, che ha perso valori, virtu’ e qualita’ morali necessari alla sua sopravvivenza. Si annida nei meandri oscuri del nostro intelletto e si manifesta con gesti e azioni deplorevoli , che uccidono fisicamente e psicologicamente chi la subisce, lasciando solchi profondi ,  squarci affettivi permanenti, “intime” ferite e segni indelebili nel corpo e nell’anima. Angeli abbandonati, che muoiono di fame, ridotti in schiavitù, che lavorano quindici ore al giorno al servizio delle multinazionali. Angeli uccisi, massacrati, trucidati, maltrattati.  Angeli sfruttati da clan criminali o dal mercato della pornografia. Angeli mandati al fronte come soldati.  Angeli che spesso subiscono abusi all'interno della famiglia stessa, difficili da sapere o riconoscere perché raramente denunciati a causa della giovinezza, dell'inesperienza, spesso della vergogna della vittima stessa, della complicità imposta violentemente dalla famiglia, dell'ignoranza, degli ambienti familiari degradati, della paura . Sono spesso privati della loro infanzia, diventando mera proiezione dei  desideri degli adulti. Si tratta di orrori cui la coscienza, per chi ancora ne possiede una, non puo’ e non deve restare insensibile. Una collettività che infierisce sui più deboli è una società violenta, in cui nessuno è al sicuro, dove l'avidità, la chiusura mentale, l'aggressività primitiva, l'aridità dei sentimenti, il dominio del disumano e del Male stringono mente, anima e cuore in una morsa letale. Una società che abbia sensibilità verso i bambini è una comunità che può ancora guardare al futuro con speranza, che può progredire, che sa sognare, che può salvarsi.  I bambini rappresentano l'innocenza e il futuro, hanno solo bisogno di essere amati, di giocare, di crescere armoniosamente, di imparare. Noi, daltrocanto,  dovremmo riscoprire la gioia nel lasciarsi intenerire dagli occhi meravigliati di un bambino, dalla sua ingenuità, dalle sue domande originali, dalla serietà con cui gioca.                                                                                                      
                                         E’ facile calpestare i diritti ….  quando non sono i tuoi”


Scritto da AV

martedì 17 gennaio 2012

Confieso que he vivido


Accade in tutte le età. Accade all’alba o all’imbrunire; da soli o in compagnia. Inaspettata viene a cercarci; con prepotenza, bruscamente, nel silenzio, ci tocca, ci riempie di commossa mestizia e implicita felicità.   Accade mentre leggiamo i versi di un polveroso libro; siamo lì che ne fiutiamo l’anima e la carta, riconoscendo in quel profumo atavico l’essenza vera della vita, la responsabilità che c’è nel vivere, la testimonianza di un vissuto. E’ la poesia che ci parla.
Tutto è iniziato inaspettatamente con una canzone dei Pooh e con quel “Dio delle città” a cui loro invocano suppliche.  Non vorrei sembrare blasfema, ma tutto è iniziato da lì.  Da “Uomini soli”. Da una canzone popolare disperata. Ed io altrettanto ad ascoltarla. Non so se definire il testo dei Pooh poesia; sebbene ne apprezzi il testo, non azzarderei un giudizio in proposito. So, però, che ascoltando quelle parole mi è ritornata in mente una vecchia lettura di tanti anni fa. Un capolavoro indiscusso. Una poesia che dopo anni ancora mi riempie e mi tocca: « Uomo solo »,dalla raccolta  “Residenza sulla Terra”, 1925-1931, di Neftalì Ricardo Reyes Basoalto. Il Cile gli diede i natali. Parral è la città d’origine. Il 1904 è l’ anno di nascita. Viaggiò molto e visse una vita intensissima come politico, come poeta e come essere umano. Premio Nobel per la Letteratura nel 1971. Morì nel 1973.  Per chi, come me, ama e apprezza il suo genio, è semplicemente Pablo Neruda.   
Graffia e fa arrossire questa poesia. S’intrecciano giochi surreali, accostamenti di oggetti e persone che abbelliscono il caos e finiscono per animarlo con una pungente forza poetica. Confessa, Pablo Neruda, di aver vissuto e di averli fatti vivere questi uomini. Uomini soli, originariamente liberi, perché non riconoscono null’altro che sé . In maniera ancestale e viscerale il piacere dei sensi percorre ogni verso, lasciandosi dietro un asfissiante angoscia. Amo questo “Uomo solo” questo uomo-umano di Neruda.  Amo i  giovani omosessuali e le ragazze innamorate. Amo le studentesse e i preti che si masturbano; gli sposi e le mosche, i cugini e i professori. Amo la vita cruda e vera. E poi vi ricordo, attraverso le parole del poeta, che quando la spieghi la poesia diventa banale, meglio di ogni spiegazione è l'esperienza diretta delle emozioni che può svelare la poesia ad un animo predisposto a comprenderla. Per questo dimenticate ciò che ho detto sin ora. Infondo, come disse Mario Ruoppolo, alias Massimo Troisi ne “Il Postino”: la poesia non è di chi la scrive, è di chi... gli serve!
  Voto 10/10                                           

Uomo solo

I giovani omosessuali e le ragazze innamorate

e le lunghe vedove che soffrono di delirante insonnia

e le giovani signore ingravidate da trenta ore

e i rauchi gatti che attraversano il mio giardino buio,

come una collana di palpitanti ostriche sessuali

circondano la mia residenza solitaria,

come nemici impiantati contro la mia anima,

come cospiratori in veste da camera

con la consegna di scambiarsi lunghi viscidi baci.

L’estate radiosa guida gli innamorati

in uniformi reggimenti malinconici,

formati da grasse e magre e gaie e tristi coppie:

sotto le eleganti palme, vicino all’oceano e alla luna,

c’è una continua vita di pantaloni e gonne,

un frusciare di calze di seta accarezzate,

seni di donna che luccicano come occhi.

Il piccolo impiegato, dopo tanto,

dopo il trantran settimanale e i romanzi che legge la sera a

letto,

ha definitivamente sedotto la sua vicina

e la porta negli squallidi cinematografi

dove gli eroi son puledri o principi appassionati,

e ne accarezza le gambe piene di dolce peluria

con le ardenti mani sudate che puzzano di sigaretta.

Le sere del seduttore e le notti degli sposi

si uniscono come due lenzuoli per seppellirmi,

e le ore dopo desinare, quando i giovani studenti

e le giovani studentesse e i sacerdoti si masturbano,

e gli animali fornicano senza preludi

e le api odorano di sangue e le mosche ronzano colleriche

e i cugini fanno strani giochi con le cugine

e i medici guardano con rabbia il marito della giovane

paziente,

e le ore del mattino quando il professore, come per una

svista,

assolve il suo debito coniugale e fa colazione,

e più ancora gli adulteri, che si amano di vero amore

sopra letti alti e lunghi come imbarcazioni:

immancabilmente, incessantemente mi assedia

questo gran bosco di respiri e di viluppi

con grandi fiori simili a bocche e a dentature

e nere radici a forma d’unghie e di scarpe.

sabato 14 gennaio 2012

BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI…GLI ALTRI!


Ora vi racconto una storia; non è una favola; non è bella nè con un lieto fine, ma ve la racconterò lo stesso perché: quante volte un uomo può girare la testa e far finta di non aver visto? Ve la racconterò perché possiate ascoltarla, vederla, toccarla, vergognandovi forse per averla per troppo tempo taciuta anche a voi stessi. Procediamo dunque: «Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare fra coloro che  entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali ». Arrivati a questo punto vi chiedo: chi saranno mai i protagonisti di questa storia? Vediamo: albanesi? O rumeni? O, forse marocchini? Sicuramente vi starete chiedendo perché vi ponga questa banale domanda a metà storia, senza neanche averla conclusa degnamente. Procedo pertanto nel racconto, seguitemi:«Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione». FINE DELLA STORIA. I documenti riportati sono tratti da una relazione del 1912 dell’Ispettorato per l’immigrazione del Congresso americano.  Penso, adesso, abbiate capito chi siano i protagonisti di questa nostra storia. Non dovevate andar lontano per sciogliere il quesito. Eravamo noi la chiave di volta per lo stesso. Vi dirò di più: questa storia, che non è una favola e che non è bella, non ha inizio ne fine. I brutti, gli sporchi e i cattivi adesso sono gli altri. E’ cambiata solo la provenienza. Se siete arrivati alla fine del racconto vi chiedo un’ultima cosa: se avete tempo e voglia raccontatela ai vostri figli,questa storiella, ai bambini, agli amici, a chi conoscete. Raccontatela, però, non usando i termini falsi del razzismo, quelli che la televisione ci propina allegramente. Non usateli per raccontare la paura dell’altro, dello “straniero”, per raccontate la storia della “razza”.  Non usate le parole di chi si proclama non razzista e già solo per averlo detto lo è. Non vi macchiate con queste parole : naturalizzare, clandestino, straniero, razza, cultura, tolleranza, ecc. Il razzismo nasce dalla parola e dai gesti. Non basta vivere per esistere, occorre un documento che dica chi tu sia. Un timbro, una macchia, un’offesa che ti sporchi l’anima e la dignità. Concludo con le parole di Bertolt Brecht, non con le mie che sanno raccontare solo storielle:
«E – vi preghiamo- quello che succede
ogni  giorno
non trovatelo naturale.
Di nulla sia detto: è naturale
in questi tempi di sanguinoso smarrimento,
ordinato disordine, pianificato arbitrio,
disumana umanità,
così che nulla valga
                                                            come cosa immutabile».
Dal membro del blog Vale

mercoledì 11 gennaio 2012

Inferno in terra

Inferno in terra
Oggi vi voglio parlare della tratta ferroviaria Aosta-Torino. Una tratta che io frequento abitualmente da ben tre anni e lasciatemi sfogare: rappresenta l’inferno in terra. Un mese di uso dovrebbe valere come penitenza plenaria. 129 km che dovrebbero essere percorsi in 2 h e 10 m, cioè circa sessanta km/h. Questo di per se la dice lunga sulla sua lentezza, ma questa è la cosa meno grave. E’ cosa rara infatti che il tempo di percorrenza sia quello. Ritardi che vanno dai tollerabili dieci minuti ai quaranta e a volte anche sessanta minuti di ritardo. Quando salite su un treno della tratta, guardatevi attorno e vedrete pendolari che si fanno il segno della croce o pregano in direzione della Mecca, ma soprattutto tutti hanno lo stesso sguardo, un misto di rassegnazione, di accettazione e di paura. Perché hanno visto di tutto e quindi ormai lo accettano, ma soprattutto paura perché si chiedono abbiamo davvero visto tutto? Lasciate che vi racconti un episodio che può essere l’esempio maggiore di quello che può succedere su questa tratta. Siamo partiti in orario ma dopo due fermate il treno si arresta e non riparte più. Il controllore si fa vivo dopo mezz’ora e ci dice che il sistema che controlla la tratta è andato in tilt fino ad Ivrea. Si cerca di riattivarlo. Torna dopo qualche minuto e dice che ci stanno ancora provando. Una signora imbestialita chiede che venga chiamato un autobus. L’autobus viene fatto chiamare dopo due ore che siamo fermi e dobbiamo aspettare un'altra mezz’ora. Qualcuno scende dal treno e lo aspetta alla stazione. Non c’è niente e nessuno. Sala d'attesa nemmeno esiste.  Arriva l’autobus e quelli pochi scesi ci salgono. Il controllore però non avverte quelli sul treno di scendere e l’autobus riparte senza più della metà dei passeggeri. Il controllore dopo dieci minuti lo chiama e lo fa tornare indietro. Altro tempo che si perde per incompetenza generale. L’autobus imbarca i passeggeri dimenticati e riparte. Arriva ad Ivrea dove la linea funziona, ma da lì dobbiamo prendere un treno che fa scalo a Chivasso e prenderne uno che va a Torino. L’autobus non poteva portarci a Chivasso direttamente evitandoci questo ennesimo disaggio? No, in Italia no. Arriviamo a Torino alle 22 e 30 essendo partiti da Aosta alle 17 e 35. 5 ore per fare  129 km. Questo è un caso raro ma il ritardo di 40 minuti avviene spesso e questo per la gente vuol dire o partire con ore di anticipo se è possibile oppure arrivare in ritardo a lezioni, esami, al lavoro e a visite mediche. Questa tratta può essere considerata un’immagine in miniatura della nostra Italia. Lenta e piena di deficienze e anche costosa. Perché per un servizio da Terzo Mondo si pagava 7 euro e venti e oggi per un servizio, che è peggiorato, da ben un anno si paga 7 euro e novanta. Qualcuno direbbe che al peggio non c’è mai fine…   

I NUOVI POVERI

Viviamo un tempo sbandato.  L’Italia intera, sconquassata già dal precario assetto economico e sociale, deve tuttavia affrontare problemi più gravi di questi: i politici e i loro “magri” stipendi. Inoltre, non possiamo non menzionare il caso di oggi: la Bouvette, il bar della Camera ha aumentato il prezzo del caffè; l’aumento di 10 centesimi ha portato il costo del caffè da 70 a 80 centesimi. Salgono anche il caffè d'orzo(20 centesimi), il decaffeinato (da 1 euro ad 1 euro e 20), il cappuccino decaffeinato (da 1 euro ad 1 euro e 30), il tè (da 80 centesimi a 1,50 euro), gli aperitivi alcolici (da 2 a 4,50) e il vino, il cui prezzo viene triplicato da 1 a 3 euro. E’ indubbio lo sconcerto suscitato da siffatti aumenti ; non è moralismo. Non siamo censori. L’Italia come Nazione avrebbe problemi più grandi e gravosi da districare per esempio gli aumenti  che non hanno risparmiato neanche il cibo: il panino prosciutto e mozzarella costerà 3 euro anzichè 2,50; il tramezzino 2,50 anziché 2; arancini e crocchette 1 euro e 30 anziché 1; trancio di pizza da 3 euro anziché 2,50. Raddoppiano invece i succhi di frutta, da 1a 2 euro, e la frutta singola, da 50 cent. a 1 euro. La vita privata e le tasche degli statisti per norma dovrebbe essere tutelata. Non quella di operai e lavoratori in genere. E’ scandaloso che le alte cariche pubbliche debbano  essere messe alla berlina: l’aumento di questi alimenti è increscioso. E’ inammissibile e inaccettabile tale condotta da parte di chi ha preso questa decisione , proprio adesso che anche i loro stipendi di “bronzo” sono stati resi pubblici da una tabella che li confronta con quelli degli altri paesi  dell’eurozona.  La cosa pubblica va curata e seguita con massimo rispetto solo da quegli uomini di cui è indiscussa la rettitudine morale. L’uomo di stato è libero di condurre la propria vita privata e anche la cosa pubblica come reputa meglio, però è altrettanto obbligato a guidare il paese con criterio e implacabile responsabilità. Così come ci pare stiano facendo! E’ altresì fondamentale chiarire che lo stato, dunque il popolo, è altrettanto libero di giudicare e quindi conoscere minuziosamente le azioni capziose e ambigue dei propri governanti. Chiedere trasparenza non è inutile: è necessario per natura. Come faranno i parlamentari a vivere- senza lussi, agi, ecc: cose alla portata di tutti - se gli verranno dimezzati gli stipendi?   Non siate insensibili a questo grave problema tutto italiano. Non sottovalutate l’urlo disperato dei ” nuovi poveri”. E, in conclusione, non siate ilari per la mia triste satira: E’ LA VITA VERA, purtroppo. E’ l’assurdo che diviene normalità. Non abituiamoci a questo schifo.

Scritto dal membro del blog Vale

martedì 3 gennaio 2012

Quale sarà il futuro?

Uno dei nostri probabili futuri è il seguente:  Un futuro pieno di rivoluzioni acefale e selvagge che abbatteranno tutti i governi che soffrono la crisi economica. Una rivoluzione dei poveri contro i ricchi e i politici, una rivoluzione che come nelle primavere arabe non avrà colore politico. Le primavere arabe non riguardano infatti solo il mondo islamico, ma è un sintomo che mi porta a dire che la rivoluzione si abbatterà e si diffonderà dai paesi più poveri e colpirà i paesi ricchi che rischiano di diventare poveri. Solo alcuni paesi non verranno toccati da questo selvaggio e incontrollato tumulto: gli USA per la loro cultura non rivoluzionaria; la Cina per il suo fondamentalismo comunista e la Germania per la sua super economia. I tedeschi in particolare con lo spread stanno riuscendo a fare ciò che non sono riusciti a fare nella Seconda Guerra Mondiale con le armi, cioè piegare l’Europa al suo volere. Infatti i governi dei paesi che rischiano il default non fanno altro che imporre ai loro popoli manovre economiche per far star tranquilla la Germania. Dopo questa rivoluzione però cosa succederà? Le persone avranno bisogno di governati che gli diano  sicurezza e stabilità. Punteranno su partiti politici uniti, forti e spietati. Partiti che cresceranno sulla paura dello straniero e in particolare sulla paura della Cina. Partiti di destra, fascisti e nazisti mentre quelli di sinistra per la loro patologica divisione interna e per il fatto che sono fondati sulla rivoluzione e il cambiamento quando la gente vuole stabilità,  verranno messi da parte. Si tornerà ad avere delle dittature fasciste in Europa e allora potrebbero succedere le peggiori atrocità. Affinché questo scenario non si avveri i governi con più difficoltà dovranno unirsi e contrastare l’egemonia economica della Germania. La percentuale di ricchi dall’uno per cento dovrà arrivare almeno al cinque, dovrà soprattutto crescere il benessere della classe media, che è la classe di per se non rivoluzionaria se sta relativamente bene. Bisognerà diminuire il divario economico che c’è tra l’uno per cento della popolazione e il rimanente novantanove. Se tutto questo non si farà, il disprezzo che la gente prova per la nostra classe politica diventerà odio e allora la rivoluzione non sarà solo una previsione che può essere smentita, ma una certezza. 

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