sabato 1 giugno 2013

Il ritorno alla fossa occipitale mediana


Il ritorno alla fossa occipitale mediana.

Più di un secolo fa, un famosissimo studioso italiano, Cesare Lombroso, il cui nome, secondo me, la storia non dovrebbe dimenticare, fece l’autopsia sul brigante Villella, scoprendo nel cranio una fossa, che chiamò occipitale mediana. Una grande scoperta secondo lui, che dimostrava non solo la nostra discendenza dai primati ma che gli atti criminali fossero dovuti a tare fisiche. Aveva scoperto il delinquente nato. Il luminare però non si fermò qui. Fece un semplice paragone: Villella era simili a tutti gli altri meridionali, dunque in tutti loro vi doveva essere questa fossa occipitale ed ecco giungere alla generalizzazione: tutti i meridionali sono uguali e quindi sono biologicamente inferiori. Il nostro destino era inciso nel nostro corpo, eravamo assetati di sangue e non rispettosi della legge o dello Stato. Un’orda barbara.  Gli UNNI del XIX secolo

Oggi dopo gli ultimi fatti di cronaca, questa tendenza alla generalizzazione sembra essere tornata di nuovo di moda e ancora una volta siamo noi le vittime. Premetto prima di fare questa considerazione, di essere più che sicuro che la nostra terra ha tanti problemi, ma la generalizzazione ha lo stesso effetto di ignorarli, li rende invincibili e immortali. E’ un alibi per non voler cambiare o per gli altri per non volerci aiutare. Perché credo che noi abbiamo bisogno di tanto aiuto, aiuto che non vuol dire carità, ne abbiamo avuta fin troppa e non è servita a nulla. I fatti oggetto di generalizzazione sono stati due negli ultimi giorni: l’omicidio di Fabiana e il non raggiunto quorum nelle elezioni del comune di Roccaforte. Il primo è un atto malvagio, in cui si palesa l’inferiorità culturale dell’assassino. Esso va condannato, come è stato condannato da tutti, anche da molti solo retoricamente, come hanno mostrato i parlamentari che hanno lasciato la Camera dei deputati vuota mentre si discuteva di questa tematica: il femminicidio. Questo non è un problema solo calabrese e legato alla sua arretratezza culturale, ma di tutta l’Italia e di tutto il mondo. Il desiderio malato e egoistico di un uomo scambiato per amore, ma che amore non è, che lo spinge a distruggere l’oggetto di tale desiderio pur di non esserne privato. Non è un discorso solo calabrese, ma ecco che molti lo affrontano come tali e generalizzano. Si inizia a dire che gli uomini calabresi picchiano, che la donna è sottomessa e che se potessero i padri le sopprimerebbero le figlie perché conta solo il figlio maschio.  Iniziano a prendere la parola gli emigrati calabresi di trenta anni fa e dimenticandosi il gap temporale raccontano ciò che secondo loro è il presente, commettendo un primo errore, ma ne commettono un altro perché generalizzano. Forse è vero che molti trenta anni fa pensavano che la nascita di una bambina fosse una sventura, ma già allora a molti altri padri non importava il sesso del nascituro. Forse questi emigrati (che spesso hanno messo nell’oblio la loro terra e che addirittura votano lega nord, disprezzando i parassiti meridionali che vivono grazie alle loro tasse) dovrebbero tacere e lasciar parlare quelli che non se ne sono andati o che non la dimenticano quando partono e vogliono cambiarla, desiderano ardentemente che migliori. Il secondo caso riguarda più da vicino la Calabria, è un problema soprattutto nostro. Alle elezioni di Roccaforte si presenta una sola lista e questa non riesce a portare la metà più uno dei votanti alle urne. Tenete in considerazione che a Roma sono andati a votare poco più della metà e lì c’erano più liste che si contrapponeva, mentre in questo caso era o ti mangi questa minestra o ti butti dalla finestra. E bene molti mezzi di comunicazione hanno fatto una normale semplificazione: il consiglio comunale precedente è stato sciolto per mafia e quindi votato dalla maggioranza dei cittadini (mafiosi?), questa lista non andava bene alla ‘ndrangheta e quindi non è stata votata. Insomma da un non raggiunto quorum si generalizza e
si decide che tutta la popolazione del comune di Roccaforte è legata alla ‘ndrangheta. Il calcolo è semplice, quasi quanto fare 2 + 2. Che bisogno c’è di chiedere alla gente del posto perché non hanno votato l’aspirante sindaco? Forse avranno divergenze politiche con questo tizio? No, che centrano le divergenze politiche con l’elezione del sindaco. Forse non volevano votare per un estraneo che non conosceva i problemi del comune e che si sarebbe informato a riguardo una volta eletto? No, che centra mica il sindaco deve essere una persona che conosci o che conosce i problemi del posto. No, queste domande non vanno fatte, tanto si sa come funziona in Calabria. Dunque da tutte queste generalizzazioni si evince che noi calabresi siamo tutti femminicidi e mafiosi e una volta a questo risultato quali sono le soluzioni a questo problema? Nessuna da parte loro. Siamo una terra dannata per loro, destinati alla miseria e alla violenza, un peso per tutti. Quindi la generalizzazione è un alibi per non fare niente. Questo mi chiedo e vi chiedo: è così? Siamo una terra dannata? Per quanto mi riguarda la speranza è l’ultima a morire e forse un giorno da terra dannata potremmo diventare una terra promessa.

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