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Il folle avanzava. La matrigna si divertiva a farlo uscire
di senno ma stavolta le era costato caro. Forse sarebbe stato perdonato anche
dal padre se non avesse ucciso oltre alla matrigna anche la sua sorellastra.
Non aveva fatto niente se non tentare di aiutare la matrigna. La sorellastra
era la preferita del padre e nella sua follia aveva capito di aver fatto un
danno irreparabile. Si era dato alla fuga. Era scomparso. Il padre non riusciva
a trovarlo. Poi apparve il signore oscuro. Riuscì a parlare con lui nonostante
la sua follia.
-Ho perso il mio grande amore…- esordì il signore oscuro –tu
hai fatto altrettanto. Quante volte? Quante volte per colpa della tua matrigna?
Ti ha reso folle e tu hai ucciso tutta la tua famiglia. Non era lei però la
donna che hai amato più delle altre… chi è?-
- Hippolita…- disse il folle
-Un amore inteso e durato poco per colpa della tua matrigna…
sempre lei. Io posso riportarla da te-
-Fallo!- gli urlò il folle afferrandolo senza alcun rispetto.
-Non posso… lo sai nella condizione in cui ci troviamo… il
potere diventa sempre più scarso. Io sono il più potente fra tutti loro, tuo
padre è il più debole. Mi serve il potere di tutti loro.-
-Come ti posso portare il loro potere?- chiese il folle che
dimostrava di aver mantenuto una minima forma di logica.
-Uccidili tutti! Ciò che muore è in mio potere! Dopo la
morte di mia moglie, ahimé, sono diventato potente il doppio. Con la morte
della tua matrigna e della tua sorellastra, il mio potere è cresciuto ancora.
Ho bisogno del potere di tutti loro. Sai bene che io non posso farlo, solo tu
puoi sterminarli! Uccidi tutti gli dei dell’Olimpo!-
Il folle avanzava e non faceva altro che ripetere questa
frase: -Uccidi tutti gli dei dell’Olimpo! Uccidi tutti gli dei dell’Olimpo!-
La sua follia lo portò davanti ad un acquario. Osservò
l’edificio per qualche minuto e poi entrò.
Presto le urla si
sarebbero diffuse in tutta la città
Nel magazzino lo zoppo cercò di colpire con il suo martello
da fabbro il signore oscuro e ci riuscì. Lo strumento da lavoro finì contro la
testa del dio e questa si staccò dal collo. Il cane a tre teste si avventò
contro il dio zoppo, ma questo fu stranamente abbastanza veloce da colpire
anche lui.
-Non credevo che fossi così agile, Efesto- affermò Aires
soddisfatto e pronto a combattere.
-In fondo siamo entrambi figli di Era, Ares- gli rispose con
un sorriso sbilenco il dio del fuoco.
Il dio della guerra iniziò a combattere contro le creature
infernali del signore oscuro e fu aiutato dagli uomini meccanici che però presto
furono fatti a pezzi. Le due divinità erano rimaste da sole e al corpo del
signore oscuro presto ricrebbe la testa.
-Efesto non sai che non puoi uccidermi?- gli chiese il
signore oscuro furioso
-E lo sai che questo vale anche per noi?- gli chiese di rimando
il fabbro degli dei
-Ma io non voglio uccidere voi! Voglio uccidere lei!-
scoppiò a ridere indicando Hippolita
Un demone si avventò contro la donna ancora in stato di
choc, ma Ares fu abbastanza veloce da proteggerla.
-Potrete combattere quanto volete ma prima o poi le mie
creature infernali vi sconfiggeranno e la ragazza verrà annientata!-
-Figlia mia!- urlò Ares – devi sbrigarti a capire chi sei!-
La frase figlia mia squarciò ancora di più la sua mente e
finalmente cadde il velo. Si ricordò di quando era fanciulla. Era il giorno in
cui sarebbe stata presentata al resto della tribù. Una donna investita di autorità. La loro
regina. Chiamò il suo nome. Ippolita!
-Io sono Ippolita…- mormorò la donna ancora sconvolta. I tre
dei la sentirono e il signore oscuro urlò ai suoi servitori di muoversi.
-Non riuscirai a vincere Ade! Non oggi!- urlò il dio della
guerra
-Staremo a vedere-
Ippolita si avvicinò alla regina e questa tracciò sulla sua
fronte dei simboli con del colore rosso.
-Tu sei Ippolita, tu sei un amazzone… tu sei figlia di Ares!
Tu sei nata per combattere, per uccidere e per morire in guerra. Prendi questo
scudo! E’ la prima arma che le amazzoni imparano ad usare. Ti servirà per
difenderti. E’ leggero e non avrai difficoltà a portarlo con te. Lo legherai al
tuo braccio e non lo scioglierai da esso nemmeno quando dovrai andare a
dormire…-
Un demone si avventò contro di lei, Ares stavolta era
occupato. La creatura allungò il suo artiglio per colpirla in volto. Arrivò a
pochi centimetri dal suo occhio, poi però si fermò sullo scudo della donna che
respinse il suo assalitore con un calcio.
-Io sono Ippolita! Io sono un amazzone! Io sono la figlia di
Ares!-
-Ora vediamo Ade chi è destinato a perdere!- disse
Ares scoppiando a ridere.
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