venerdì 2 novembre 2012

Una storia su Twilight. 2



2
Vengo svegliate dalle urla di mio padre. Oggi devo per forza andare a scuola. Non ne ho assolutissimamente voglia. Ma ci devo andare per forza… mogia mogia mi vesto prendendo le prime cose che mi capitano dall’armadio. Stranamente indosso una tuta nera elasticizzata che non credevo nemmeno di avere e una felpa con il cappuccio… scendo giù e mio padre mi aspetta. Mi porterà lui a scuola… che palle.
Non appena esco dall’auto, vedo una ragazza che mi saluta. E’ Jessica. Le vado incontro e nel frattempo sento un paio di fischi alzarsi dietro le mie spalle. I ragazzi della scuola hanno già saputo che sono single e tornano alla carica? Mi volto e fulmino tutti con un’occhiataccia. Tutti si voltano dall’altra parte. Bene.
-Ciao Bella, come va?- mi chiede Jessica
Faccio un’alzata di spalle e allora lei cerca di consolarmi. Ti passerà, mi dice. Ma io non voglio che passi, io voglio tornare con Edward. Per tutta la mattinata cerco Jacob. Di solito lui mi fa ridere e ho proprio bisogno di una risata. Chiedo a Jessica. Dice che Jacob è ammalato e che è da una settimana che non si fa vedere a scuola. Una settimana? E come mai io non me ne sono accorta?
- Perché non facevi che stare con Edward e ci hai ignorati tutti- mi dice schiettamente Jessica.
-Mi dispiace molto- le dico - cercherò di rimediare. Vuoi uscire stasera?
Jessica non è molto convinta, ma alla fine accetta. La giornata prosegue monotona fin quando non suona l’ultima campanella. Prendo la borsa per la palestra a casa e poi vado subito dal mio maestro preferito. Mi compare l’immagine di Edward davanti che mi dice di non andarci.
-Sei geloso?- urlo –Bé non mi dovevi lasciare!
Edward scompare dispiaciuto e forse terrorizzato e appena succede, divento triste, forse non avrei dovuto trattarlo cosi… però lui mi ha lasciato, mi ha spezzato il cuore e se lo meritava. Mi volto e vedo che ci sono un paio di persone che mi guardano… continuo a parlare tenendomi l’orecchio, forse penseranno che ho l’auricolare e non penseranno che sono pazza… forse…

Me lo merito. L’ho abbandonata. Che cosa pretendo? Che non mi odi? Che devo fare? Forse è meglio che vada a parlare con Alice. Lei è una donna, mi potrà dare sicuramente dei buon consigli. Sto per uscire dalla mia camera, quando si para davanti Tanya.
-Ed… sei molto triste in questi giorni come mai? Certo, non è che di solito sei solare e allegro, ma adesso sei più tenebroso del solito… che c’è che non va? Con me puoi confidarti-
Non so se è una buona idea, ma ho bisogno di parlare con qualcuno e forse Alice è con Jasper a fare i piccioncini e vederli insieme, vedere tutti i miei parenti insieme, mi dà molto fastidio. Inizio a parlare con lei. Le dico che sono preoccupato per Bella. Che ha deciso di fare arti marziali e che già sembra felice senza di me.
-Non è quello che volevi. Pensavi che con te fosse in pericolo e che la vostra relazione non era una buona cosa… l’hai lasciata per il suo bene e lei adesso sembra trovare la sua strada ed essere felice…-
Le sue parole hanno un senso. Se voglio la sua felicità, se la amo davvero, la devo lasciar vivere. Si rifarà un vita, si innamorerà di nuovo e si sposerà con un altro… io continuerò ad osservarla e sarò felice di vederla felice.
-…ma anche tu devi esserlo felice e puoi esserlo con…- Tanya si avvicina sempre di più a me e poi le sue labbra sfiorano le mie. Per un secondo la lascio fare, voglio pensare che siano le labbra di Bella, ma non è la stessa cosa. La allontano.
-Mi dispiace…- le dico –ma non posso… non ora…-
Tanya delusa esce dalla sua stanza e la mia mente si rivolge di nuova a Bella.

E’ finita la lezione. Mi sento bene. Chuck si avvicina a me e mi chiede se va meglio rispetto a ieri. Gli faccio un sorriso. Una cioccia di capelli mi cade sul volto, lui me la risistema dietro l’orecchio e mi dice che gli fa piacere. Io arrossisco e poi lui se ne va…
Tornata a casa, mi faccio una doccia veloce e poi mi preparo per uscire. Mi metto un paio di pantaloni di pelle, una maglietta grigia e un gilet di pelle. Ma da dove saltano fuori questi vestiti? Forse le ha comprati mio padre, prima che venissi non sapendo che gusti avevo. Va bè non fa niente, mi piaccio. Jessica è sotto e mi suono il campanello. Scendo e iniziamo ad andare in giro per la città. Andiamo al cinema.
-Non qualcosa di romantico- le impongo. Delusa, scegliamo l’unico altro film disponibile. Uno con tante esplosioni e inseguimenti. Siamo le uniche ragazze senza ragazzo a vederlo. Usciti dal film, passiamo vicino ad un bar. C’è un naziskin che ci insulta: -Ehi lesbo! Non vi va un cazzo da ciucciare?- e poi scoppia a ridere.
-Ci ha preso per lesbiche?- chiede Jessica e per la prima volta sembra notare come mi sono vestita
-Su troiette, venite qua…-
-Andiamocene… è un naziskin e pure ubriaco- dice preoccupata Jessica, mi prende il braccio e cerca di strascinarmi via.
-Ehi tu! Invece del braccio della tua amica sai cosa potresti prendere?-
-Basta!- urlo. Ne ho abbastanza di quel sacco di merda e dei suoi insulti. Mi libero dalla stretta di Jessica e mi lancio ad affrontarlo. L’immagine di Edward mi appare davanti e mi dice di non farlo, che è pericoloso. Non lo ascolto e mi fermo davanti al ceffo.
-Hai capito che è meglio uno di questi che la patatina?-
Mi avvicino con fare accondiscendente, gli metto una mano in mezzo alla gamba e poi glielo stritolo. Lui urla e cerca di colpirmi con un pugno. Lo schivo e poi lo mando a stendere con un calcio. Torno da Jessica, che mi guarda con la bocca spalancata.
-Come…come haiii fattooo?- balbetta
Boh, non lo so nemmeno io, però mi sento meglio e mi sento soprattutto soddisfatta di me stessa.

giovedì 1 novembre 2012

Una storia su Twilight. 1



1
Al mio compleanno è accaduto qualcosa di imprevisto e di poco piacevole. Mentre stavo scartando i regali, mi sono tagliato con la carta un dito. E’ sgorgata una piccola goccia di sangue ed è successo il casino. Jasper ha perso il controllo e si è lanciato addosso. Nei suoi occhi ho visto lo stesso sguardo di James, mi ero messa in posizione difensiva pronta ad affrontarla. Infatti proprio quel giorno avevo inizio un corso di arti marziali e dentro di me qualcuno sembrava spingermi a combattere. Purtroppo però è intervenuto Edward che lo ha intercettato e scaraventato contro il pianoforte.
-Stai bene?- mi chiese preoccupato.
Gli risposi di si con la testa, ma dentro di me sentivo che il suo atteggiamento iperprotettivo mi dava fastidio. Ero stanca di essere la damigella in pericolo. Visto lo sfortunato incidente, Edward mi ha riportata  a casa e purtroppo non ho potuto mangiare la torta a dieci piani che i Cullen hanno preparato per me. E’ un vero peccato perché sicuramente loro non la toccheranno. Comunque mentre mi riporta a casa, Edward è molto pensieroso. C’è qualcosa che non va.
-Tutto bene?-
Fa di si con la testa e le sue labbra fanno il suo solito sorriso… anche se non è proprio il solito, è un po’ spento. Il giorno dopo credo che sia stato quello più brutto della mia vita, ha di sicuro superato quello in cui ho saputo che i miei genitori si lasciavano. Edward infatti mi ha portato nel bosco e mi ha detto che tra noi è finita, che in realtà lui non mi ama e che la nostra storia non significa nulla. Lui e la sua famiglia se ne andranno presto ed io sono così depressa che non ho più voglia di scrivere, né di fare qualsiasi cosa… respirare non ha più senso per me, voglio morire… forse da morta a Edward piacerò di più.

Mentre Bella non faceva altro che abbattersi per la perdita del suo grande amore, un auto si fermò davanti a casa sua e scese un uomo che indossava dei jeans, un cappello da cowboy e aveva la barba molto curata: il classico texano. L’uomo si fermò davanti alla sua porta e suonò il campanello.
-Ma guarda se qualcuno deve suonare alla porta proprio mentre mi sto struggendo d’amore- pensa Bella che si alza dal letto e scende le scale come uno zombi. L’uomo alla porta continua a suonare insistentemente e la ragazza si irrita: -Sto scendendo!- gli urla non cambiando però il suo tono aflitto. Quando apre la porta è molto sorpresa nel trovare davanti ai suoi occhi il suo istruttore di arti marziali.
-Signor Chuck, che ci fa qua? – chiede sorpresa e depressa allo stesso tempo.
-Non c’eri alla mia lezione e così sono venuto a vedere come mai. Sei ammalata?-
-Più o meno-
-Cosa vuol dire più o meno?-
-Sono depressa…-
-Come mai?-
-Non ho voglia di parlarne con uno sconosciuto- dice aggressiva Bella pentendosi subito dopo –mi dispiace, è solo che…-
-Tranquilla, allora il tuo ragazzo ti ha lasciato?-
-E lei come fa a saperlo? Chi glielo ha detto?-
-E’ da venti anni che insegno arti marziali ad adolescenti di entrambi i sessi, credi che non sappia riconoscere quando uno è depresso per amore e sai io ho una soluzione…-
-Quale?- chiede curiosa Bella
-Fare arti marziali e fare finta di colpire proprio colui che ti ha fatto deprimere- dice scoppiando a ridere e Bella lo segue. Ne è stupita, credeva che non avrebbe più riso almeno non così presto.
-D’accordo voglio provare-
-Bene, allora per questa volta farò una lezione privata solo per te-
Bella inizia così a colpire l’aria davanti a se, ma all’improvviso si materializza davanti ai suoi occhi Edward che le dice: -Non dovresti farlo… è pericoloso… ti prego, non voglio che ti fai del male…-
-Vaffancu…!- e da un calcio a dove prima si trovava l’immagine di Edward
-Signorina! Non si usano le parolacce però…- la rimprovera il maestro Chuck
-Scusi…-
-Aspetta…il calcio deve essere più alto-
Lui le si avvicina e con la mano sulla gamba gliela fa arrivare più in alto.
-E’ faticoso…-
-Pian piano ce la farai tranquillamente… sei molto brava e stai migliorando molto
Lei sente la sua mano sulla sua gamba e arrossisce, poi lo osserva meglio e pensa che è davvero attraente e poi la fa sentire brava…
Finita la lezione, la depressione sembra essere passata via e decide di contattare i suoi vecchi amici visto che era da molto che non usciva con loro. Jacob però non rispondeva e Jessica invece era troppo impegnata con i compiti per poter uscire. Allora non poté fare altro che mettersi sul letto e pensare e pensò a Edward. Non poteva vivere senza di lui…

Devo tornare o non devo tornare. Quella si stava già dimenticando di me dopo solo un giorno in cui me ne sono andato. Certo, non doveva essere sempre depressa, ma almeno una settimana di quasi lutto? Lei però non è una vampira. Noi ci leghiamo ad una ragazza e basta… loro no, sono mortali e hanno la memoria corta… ma adesso quel maestro di arti marziali da dove salta fuori? E perché lei fa arti marziali? Pensava che io non fossi in grado di difenderla? E perché deve fare un’attività cosi pericolosa? Basta! Adesso torno e la vampirizzo così sarà per sempre mia e non mi dimenticherà mai. Si farò così! E al diavolo il mio comportamento autolesionista e da gentleman! Ma che sto dicendo? Lei con me non è al sicuro… rischia sempre la vita e forse è per questo che ha iniziato con le arti marziali… per paura del mio mondo e poi non posso trasformarla…so troppo bene cosa vuol dire perdere la propria umanità.
-Edward, dove sei?-
Mi chiama Tanya… è meglio andare e non pensarci più per il momento. Non posso cambiare la decisione che ho preso. 

mercoledì 31 ottobre 2012

Una storia su Twilight. Prologo

In attesa dell'ultimo film di Twilight, vi faremo leggere una storia ideata su questi personaggi e il loro mondo. La storia si svolge dopo la fine del primo libro.



Prologo
Stavo tornando a casa immersa nei miei pensieri e mi chiedevo come mai Edward non mi aveva voluto trasformare in un vampiro. Forse non è sicuro del nostro amore… forse non crede di potermi sopportare per tutta la vita… io invece ne sono sicura, con lui potrei stare per sempre… voglio essere nella sua vita, ma la sua vita è molto pericoloso… davanti a James mi sentivo così impotente e indifesa… non potevo fare altro che piangere e urlare e lui sembrava godere della mia sofferenza… voglio essere trasformata in un vampiro per poter affrontare il suo mondo e non avere più paura… lui però non vuole trasformarmi… come posso fare a stargli vicino? Non lo so… accidenti mi sento stanca, le gambe le sento pensanti e gli occhi mi si chiudono. Mi devo appoggiare ad un albero… non basta… tutto sta diventando scuro…

***
Stamattina mi sono svegliata nel mio letto e non sapevo come ci ero arrivata, però ricordavo il sogno che avevo fatto. Mi trovava in un tavolo operatorio e c’erano tre individui intorno a me. La luce mi impediva di vederli in faccia.  Uno diceva che avevo qualcosa che non andava e che dovevo assolutamente essere cambiata. Un altro gli dava ragione e un altro ancora diceva che bisognava rendermi più forte. Poi hanno iniziato la loro operazione. Mi hanno inciso il cranio e scoperchiato il cervello. Dopo essersi divertiti dentro la mia testa per un po’, hanno richiuso con uno strano aggeggio e non si vedeva più nessuna cicatrice. E’ un sogno veramente strano, chissà cosa vuol dire. Comunque oggi mi sento diversa… ho più energie e soprattutto so cosa fare per poter stare nella vita di Edward. Che bello! Inizierò dopo la scuola.

***
Mi sento proprio meglio dopo aver iniziato e ora è meglio che torni a casa. Dopo aver fatto un paio di chilometri, sono vicina a casa e davanti trovo la macchina sportiva di Edward.
-Dove eri?- mi chiede possessivo
Che cosa gli rispondo? Mi devo inventare una scusa.
-Da Jacob- mi invento – era da un po’ che non ci vedevamo. Come mai sei qua?- gli chiedo per sviare il discorso.
-So che domani è il tuo compleanno, Alice ha deciso che lo vuole festeggiare a casa nostra quindi sei invitata al tuo compleanno-
-Che bello!-
-C’è qualcosa che mi devi dire?-
-No nulla!- dico subito e probabilmente lui percepisce il mio nervosismo, chi non riesce a non percepirlo. Lo abbraccio e poi lo bacio.
-Volevo solo un tuo bacio-
Lui sorride, io sorrido e il mondo scompare intorno a noi.

martedì 16 ottobre 2012

La sanità melitese che cade a pezzi

 
 
Piove sul Tiberio Evoli: una crepa creatasi nel tetto del piano soprastante il Dipartimento di Chirurgia







 
 

MELITO DI PORTO SALVO - Porta d’ingresso logora e cinerea, corridoi silenziosi e degradati, voci umane, poche, che conversano fra loro mentre svolgono un ipotetico lavoro, medici che nelle loro stanze ricevono degenti, paziènti che attendono le cure su sedie barcollanti, fra statue di madonne ben curate, fra sudici stanzini mal ridotti.

E, intanto, il tetto piove! Piove sulla testa dei pochi visitatori che, oggi, 16 ottobre 2012, alle ore 15 circa, si trovavano nei pressi del Dipartimento di Chirurgia dell’Ospedale Tiberio Evoli di Melito di Porto Salvo, RC.

Una crepa considerevole, grondante d’acqua - creatasi nel tetto o meglio in una stanza soprastante, ben sigillata, del Dipartimento di Chirurgia - veniva schivata, da ore si presume, sia dai dipendenti di suddetto ospedale, sia, giustamente, dai malati che, con sguardo indignato, cedevano allo sconforto.

L’Ospedale, intitolato ad un importante medico del paese del secolo scorso, è l’unico che, nel raggio di kilometri, possa dare soccorso anche ai paesi limitrofi della provincia reggina. Attualmente rischia la chiusura. Fino ad alcuni decenni fa, il Tiberio Evoli, era uno dei migliori ospedali di tutta la regione Calabria, conosciuto soprattutto per i numerosi reparti con altrettanti medici esperti e competenti; tecnologie all'avanguardia e buona amministrazione.

E’ sbalorditivo come, adesso invece, il Tiberio Evoli faccia, letteralmente, acqua da tutte le parti, come nessuno dei dipendenti anche se non nell’ambito della propria competenza, si sia accorto e prodigato nel gestire l’inconveniente ma, altresì, abbia avuto la prontezza d’ingegno o la prodigiosa intuizione nel qualificare la mia azione di fare le foto come l’indiscreta presenza di una giornalista. Ebbene, è evidente che nel Tiberio Evoli faccia più scalpore la presenza di qualcuno che testimonia raccontando dei fatti piuttosto di un tetto che potrebbe cadere in testa e fare male. Ma, d’altronde, come mi ebbe a dire, pressappoco, un funzionario, un addetto, insomma un signore col sorriso stampato sul volto, che, trastullandosi, da lì passava: «se le cade in testa, non le farà male!».

Non vi è da crederci. Vedere l’indifferenza, verso la res publica, fa ancora più male.

 


domenica 14 ottobre 2012

Battle Royale



Battle Royale

Il libro dello scrittore giapponese Koushun Takami è ambientato nella “Repubblica della Grande Asia” , uno stato totalitario, che è riuscito a piegare il proprio popolo in maniera talmente assoluto tanto da riuscire a imporgli un Programma crudele e assurdo che si svolge ogni anno e nel quale vengono selezionate attraverso un sorteggio alcune classi di terza media dai vari distretti scolastici. Il Programma non è altro che un “gioco” di sopravvivenza che consiste in una lotta all’ultimo sangue in cui amici e compagni di classe devono uccidersi a vicenda fin quando non ne rimarrà uno solo, il vincitore. Vi ricorda qualcosa? Forse uno degli ultimi successi a livello internazionale, Hunger Games. Non vi preoccupate non è un plagio visto che lo scrittore lo ha pubblicato nell’ormai lontano 1999 e quindi è il libro americano a esserne debitore. La storia inizia con la classe che va in gita scolastica ignara di aver “vinto” la selezione annuale. Gli alunni, che parteciperanno al gioco sono quarantadue, ventuno maschi e ventuno femmine, all’improvviso si sentono tutti stanchi e si addormentano. Al loro risveglio si ritrovano in una classe seduti a dei banchi e ognuno di loro indossa uno strano collare. Dopo un po’ entrano due soldati e un uomo, il responsabile del programma, Sakamochi. Il disprezzo dell’autore verso le dittature si manifesta palesemente nel descrivere lui e tutti gli altri funzionari del governo. Impassibili nell’uccidere qualche studente, nello schernirli o nello scommettere su di loro su chi sarà il vincitore. Anche attraverso la bocca di alcuni studenti il suo disprezzo verso le dittature è manifesto.  Il responsabile inizia a spiegare il gioco e oltre ad uccidere una studentessa perché stava mormorando con una compagna, né ferisce un’altra Noriko Nagakawa perché tentava di soccorrere uno studente maschio che aveva iniziato a protestare e che alla fine fa una brutta fine. Le regole del gioco sono semplici e fatte a posta per costringere gli studenti a combattere fra di loro anche se non lo vogliono: se non morirà uno studente ogni ventiquattro ore i collari esplodono; se ci cercherà di scappare i collari esploderanno; affinché gli studenti non si nascondano in un posto e ci rimangano per tutta la durata del gioco ogni ora vengono dichiarate vietate delle zone; chi si trova nelle zone vietate viene fatto esplodere; ad ogni studente viene assegnato per caso uno zaino in cui troverà dell’acqua, del cibo o un’arma che può rivelarsi inutile oppure pericolosissima. Quando inizia il gioco alcuni si nascondono spaventati e per nulla sicuri degli altri compagni decisi ad uccidere se verranno attaccati, altri cercano di riunire il maggior numero di compagni per poter escogitare insieme un piano di fuga, altri infine decidono di partecipare al gioco attivamente e senza alcuna remora morale. Ciò che mi ha colpito è che la maggior parte degli studenti può rientrare nella prima categoria. Molti infatti cercano di uccidere non perché vogliono farlo, ma perché spaventati dal fatto che gli altri forse li vogliono uccidere. E’ il dubbio di non potersi fidare di chi si a di fronte a spingerli. Emblematico in questo caso la morte di un gruppo di studentesse riunito in un faro. All’inizio vanno d’amore e d’accordo, poi per un malinteso una ragazza avvelena una sua compagna quando vorrebbe in realtà uccidere un ragazzo di cui è spaventata. Non confessando ciò che ha fatto, le compagne si accusano fra di loro e alla fine muoiono tutte. Chi cerca di raccogliere tutti gli alunni e lo fa con troppa fiducia in loro però non fa nemmeno una fine migliore. Vengono infatti uccisi da coloro che hanno deciso di partecipare al gioco e che sfruttano la fiducia mal riposta. La strategia più giusta è quella di Shogo che seleziona accuratamente i compagni di cui fidarsi e la sua scelta ricade solo su due Noriko e Shuya. Un libro sicuramente da leggere se non siete persone a cui non piacciono le descrizioni dettagliate di omicidi brutali, che dopo un po’ tendono anche a stancare e in cui tutti i personaggi vengono delineati abbastanza bene, anche se ovviamente non tutti possono avere lo stesso spazio o essere approfonditi allo stesso modo.    

 

7/10

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