domenica 10 marzo 2013
sabato 2 marzo 2013
Hippolita 4
Con lo scudo Hippolita allontanava le creature demoniache
per qualche secondo, ma poi ritornavano alla carica.
-Usa le altre armi!- gli urlò Efesto che era impegnato a
tenere a bada Cerbero.
La donna vide l’ascia bipenne e altri ricordi le affiorarono
nella mente. Ricordi che appartenevano ad una sua vita passata.
La regina giunse una mattina e la svegliò.
-Lo scudo ti ha sempre tenuto compagnia. Sarà un tuo leale
compagno. Ora però è il momento che impari a combattere e a uccidere. Ti senti
pronta?-
La ragazzina fece di si con la testa ma la regina ribatte:
-Certo che non lo sei, nessuno è pronto a prendersi la vita degli altri… la
prima vita che prendi non si scorda mai e sarà per questo una tua sorella…-
Le porse l’ascia bipenne e la portò fuori dalla tenda. Tutte
le sorelle erano riunite nella piazza. C’erano dieci donne incatenate ad un
ceppo.
-Loro hanno commesso dei gravi crimini contro le loro stesse
sorelle ed è per questo che pagheranno con la vita… Ippolita questa è la vostra
prova. Chi non sarà abbastanza forte da uccidere, non sarà una guerriera.-
Prese l’ascia e avanzò verso il ceppo. Guardò negli occhi la
sorella che avrebbe dovuto uccidere. La conosceva. Le conosceva tutte. Alcune
sue coetanee abbandonarono la prova. Una invece aveva già compiuto la sua
missione senza alcuna esitazione. Lei alzò l’ascia in cielo e li la lasciò per
un paio di secondi. Iniziò a piangere. Qualcuno pensò che forse non ce
l’avrebbe fatta. Sussurrò un mi dispiace e poi calò lascia. Non dimenticò più
gli occhi della sua vittima. L’accompagnarono per tutta la vita. Riprendere
quell’ascia voleva dire rivederli di nuovo? Era meglio non farlo? Nel suo cuore
la risposta fu un’altra. Quel giorno infatti oltre che dispiacersi capì una
cosa. Lei era fatta per essere una guerriera, per combattere. Prese l’ascia e
colpì un demone. Con lo scudo e l’ascia bipenne era inarrestabile, ma le
creature demoniache che faceva a pezzi si ricomponevano.
-Loro non si stancano e voi?- chiese Ade compiaciuto
-Usa l’arco- urlò Efesto
Hippolita guardò l’arma, ma esito di nuovo prima di usarla.
Altri ricordi arrivarono. Aveva compiuto diciotto anni. Era la migliore
combattente della tribù insieme alla coetanea che non aveva avuto nessuna
esitazione a uccidere nella loro prova. Si chiamava Elenia. Giunse la regina e
diede un arco ciascuno alle due ragazze.
-Siete pronte per diventare delle vere amazzoni- disse loro
la regina. Quel giorno fu il più doloroso della sua vita. Le fu fatta un
incisione alla mammella per permetterle di usare meglio l’arma. Prendere
quell’arco voleva dire soffrire ancora? Voleva dire tornare ad essere
un’amazzone? Voleva dire che non poteva più essere Hippolita ma diventare per
sempre Ippolita? Un demone la sfiorò per poco, lei si buttò di lato e
istintivamente prese l’arco e lo tese. Non c’era nessuna freccia eppure questa
comparve nel corpo della creatura demoniaca che cadde a terra e non si rialzò
più. Ade strinse i pugni dalla rabbia. La vittoria per lui era impossibile o
forse no? Doveva pensarci lui stesso. Guardò le sue creature e queste capirono.
Si avventarono contro i due dei così che Ippolita e lui si potessero affrontare
senza interferenze.
-Oggi morirai per mano di un dio!- le urlò contro Ade
Hippolita scagliò una freccia ma questa non lo colpì.
-Le tue armi non mi possono fare niente, mentre le mie a te
si!- sorrise Ade e nella sua mano destra comparve una spada.
-La cinta ti renderà invulnerabile! Indossala!- urlò Efesto.
La donna guardò l’ultimo dono del dio fabbro e un ultimo
ricordo le venne in mente. Un uomo. Il suo amato che gliela toglieva di dosso e
ancora quello stesso uomo che la teneva fra le sue braccia mentre lei spirava.
Se la mise immediatamente e si lanciò contro Ade. I due combatterono per almeno
dieci minuti, poi il dio capì che non avrebbe potuto vincere e quindi decise di
non consumare inutilmente il suo potere.
-Troverò un modo per eliminarti- disse mentre scompariva nel
nulla.
Nel magazzino erano rimasti solo loro tre, Hippolita guardò
i due dei e poi esclamò: Io sono Ippolita, io sono la regina delle amazzoni-
Ares sorrise soddisfatto. Finalmente la loro situazione si
faceva meno disperata forse.
Nell’acquario della città era scoppiato il caos. Il folle
afferrava persone e urlava. Voleva Poseidone! Distruggeva ogni cosa che gli
capitava davanti, soprattutto colpiva le gabbie dove c’erano i pesci.
-Non vieni a proteggere i tuoi cari?- urlava.
Qualche guardia cercò di fermarlo ed ebbe la peggio in
questa disputa tra dei. Poi il folle vide un uomo che aveva una scopa, era
l’addetto alle pulizie.
-Poseidone!- urlò
La scopa divenne un tridente e l’addetto delle pulizie
divenne un uomo imponente alto due metri, con dei muscoli incredibili e
soprattutto una barba lunghissima.
-Nipote, che cosa vuoi da me?-
-Il tuo potere!- urlò il dio folle.
-Un tempo ispiravi le persone, i mortali, eri il loro
campione, il loro difensore. Ora per avere la tua vendetta su tutti noi, non
hai nessun problema a calpestarli con indifferenza!-
Il folle ovviamente non perse tempo ad ascoltarlo. La follia
in cui lo aveva condannato di nuovo la sua matrigna, era di liberarlo dalla sua
morale e di non trattenere la sua forza davanti a niente e nessuno. Si lanciò
contro il dio e lo colpì con un pugno. Poseidone finì contro il vetro di una
vasca distruggendolo.
-Basta!- urlò il dio e lanciò il suo tridente. Il folle lo
schifò e si avventò contro il dio. I due avversari si colpirono per almeno
dieci minuti con i loro immortali pugni. Poi il dio del mare iniziò a
indebolirsi mentre la pazzia e la forza del folle non facevano altro che
accrescere. Con un pugno in pieno volto lo fece barcollare e con un gancio lo
mandò al tappetto. Poi gli si avventò addosso e cominciò a colpirlo senza
alcuna pietà, senza alcuna remora. Il dio del mare stava per abbandonare la
vita, poi però riaprì gli occhi. La fede in lui nel mondo ancora c’era.
Sembrava superstizione, ma c’era. Questo lo rendeva il secondo dio più potente
dopo Ade. Scaraventò lontano il folle e si sostenne con il suo tridente.
-Questa follia finirà ora!- disse con tono imperioso il dio.
Il folle si rialzò e sorrideva. Si divertiva a combattere, soprattutto se il
suo avversario gli teneva testa. Non c’era gusto in una vittoria troppo facile.
I due ricominciarono il duello. Poseidone riuscì a colpire
più volte con il tridente il suo avversario e gli infilzò la gamba.
-Il fatto che tu non sei un vero dio, ti rende capace di
ucciderci ma allo stesso tempo rende noi capaci della stessa cosa- disse
affaticato Poseidone sicuro di poter ottenere la vittoria –Ritorna in te… non
mi costringere a…-
Come risposta ricevette un gancio. Il folle era ferito ma
non intendeva arrendersi. Avrebbe combattuto fino alla fine. I due continuarono
a fronteggiarsi per altri cinque minuti, poi Poseidone sentì la stanchezza
sovrastarlo. Il folle invece sembrava inesauribile. Come era possibile?
-Come è possibile? La follia ti dà cosi tanto potere?
Dovremmo diventare tutti folli per tornare ai nostri fasti?-
Il folle gli afferrò la testa con le sue due grandi mani e
il dio non riuscì a impedirglielo o a
liberarsi dalla presa mortale. Iniziò a fare pressione e prima che gli
schiacciasse la testa come se fosse una nocciolina, il folle gli mormorò una
cosa: Amore!
martedì 26 febbraio 2013
Lo scenario peggiore
Dopo i risultati delle elezioni, proviamo ad analizzarli con molta modestia per cercarci di capire qualcosa. Innanzitutto cerchiamo di decretare i vincitori e gli sconfitti. Vince il Pd? Non credo proprio visto che partendo con i favori del pronostico ha perso in quasi tutte le regioni in bilico e che contavano di più per il Senato. Ha sprecato tutto il vantaggio iniziale durante la campagna elettorale, probabilmente perché è apparso poco propositivo in piano programmatico, rispondendo solo alle dichiarazioni miracolistiche di Berlusconi e soprattutto mostrando indecisione e mai chiarezza riguardo alla possibile alleanza con Monti. Bisognava illustrare meglio il proprio programma, soprattutto mostrare e palesare la loro differenza con il Pdl. Più che denigrare e deridere Grillo bisognava prendere spunto su alcune sue proposte e farle proprie. Ecco, hanno solo deriso Berlusconi e Grillo ponendosi in un piano di superiorità e di superbia che gli elettori hanno punito. Sel è tornato in parlamento ma il suo aiuto alla coalizione è stata poca cosa, soprattutto stupisce il fatto che il Centro Sinistra non abbia dominato in Puglia, terra governata da Vendola. Probabilmente ha sofferto della presenza di Ingroia che è riuscito a strappare dei voti, come però era normale ipotizzare. Ingroia però è il grande sconfitto. Fuori dal parlamento, nemmeno in Sicilia riesce a superare la soglia di sbarramento. Che fa il Centro? Rimane il centro e come tale raccoglie oltre il dieci per cento e non fa molto di più. C’è chi decreta la sconfitta di Monti, ma il realtà l’ex premier non partita da numeri diversi e la sua eventuale vittoria era impossibile. Non male né bene per lui. Il Pdl? Secondo i sondaggi prima della campagna elettorale era in netto svantaggio. Questi però possono essere considerati veritieri? Si sa ormai che la gente si vergogna di dire che vota per il Pdl però dietro la tendina della cabina elettorale nessuno ti vede né ti può giudicare. Lo svantaggio era reale? Non lo sapremo mai, come non sapremo mai se il Pdl esiste come partito a se stante o solo come emanazione della volontà di Silvio Berlusconi e se senza il suo padre fondatore potrà comunque contare nella politica italiana. Silvio Berlusconi? Tutti lo proclamano come il vincitore, come il leone che è riuscito a ottenere un’impresa impossibile, una rimonta pazzesca. Però lui credeva di vincere e non lo ha fatto. Sarebbe stato interessante vederlo di nuovo vincitore e costretto a mantenere le promesse fatte. Quindi perdente anche lui. La Lega fa molto meglio di Sel come partito di coalizione e probabilmente otterrà il suo premio con Maroni. Di certo in questi venti anni dalla sua fondazione ha iniziato a contare sempre di meno e personalmente mi auguro in una sua scomparsa al più presto. Unico vincitore secondo me è Grillo. Si è realizzato ciò che auspicava. Un governo (chissà quale sarà) che non durerà più di sei mesi e di nuovo alle elezioni. Chissà se si avvererà anche la seconda parte della sua profezia, ossia che alle prossime elezioni ci sarà la sua vittoria. L’Italia? Perde di sicuro. Era lo scenario peggiore quello di non avere stamattina un sicuro e certo premier e governo, sia che fosse stato di Centro Destra o di Centro Sinistra. Con questi numeri un governo non potrà affrontare delle importanti questioni e di sicuro la crisi non può essere considerata passata. Può aspettare sei mesi per le scelte importanti un paese che è tra la vita e la morte? Può aspettare che ci sia una nuova legge elettorale in grado di permettere al prossimo vincitore di avere la governabilità del paese? Ci potrà essere una nuova legge elettorale? Gli italiani hanno vinto? Non mi arrogo la presunzione di poter giudicare un popolo intero. Posso solo dire che gli italiani hanno dimostrato di non aver memoria del passato (altrimenti non avrebbero rivotato Berlusconi). Hanno guardano solo al presente, dove la restituzione dell’Imu ha avuto lo stesso effetto che nel 2006 ebbe l’abolizione dell’Ici, senza pensare che quella stessa abolizione ha portato all’Imu così alta e che nel frattempo c’è stata una grave crisi economica. Una crisi economica negata e poi non affrontata dalla maggioranza di governo di Centro Destra perché non in grado. Ha passato il testimone ad un altro a cui addossare le colpe di atti impopolari per poi potersi ricandidare con la tunica bianca non macchiata da essi. Un piano geniale del Gatto (Alfano) e della Volpe (Berlusconi) nella quale il popolo ha fatto la parte del burattino che crede alla promessa che i soldi crescono sugli alberi.
sabato 9 febbraio 2013
Hippolita. 3
3
Il folle avanzava. La matrigna si divertiva a farlo uscire
di senno ma stavolta le era costato caro. Forse sarebbe stato perdonato anche
dal padre se non avesse ucciso oltre alla matrigna anche la sua sorellastra.
Non aveva fatto niente se non tentare di aiutare la matrigna. La sorellastra
era la preferita del padre e nella sua follia aveva capito di aver fatto un
danno irreparabile. Si era dato alla fuga. Era scomparso. Il padre non riusciva
a trovarlo. Poi apparve il signore oscuro. Riuscì a parlare con lui nonostante
la sua follia.
-Ho perso il mio grande amore…- esordì il signore oscuro –tu
hai fatto altrettanto. Quante volte? Quante volte per colpa della tua matrigna?
Ti ha reso folle e tu hai ucciso tutta la tua famiglia. Non era lei però la
donna che hai amato più delle altre… chi è?-
- Hippolita…- disse il folle
-Un amore inteso e durato poco per colpa della tua matrigna…
sempre lei. Io posso riportarla da te-
-Fallo!- gli urlò il folle afferrandolo senza alcun rispetto.
-Non posso… lo sai nella condizione in cui ci troviamo… il
potere diventa sempre più scarso. Io sono il più potente fra tutti loro, tuo
padre è il più debole. Mi serve il potere di tutti loro.-
-Come ti posso portare il loro potere?- chiese il folle che
dimostrava di aver mantenuto una minima forma di logica.
-Uccidili tutti! Ciò che muore è in mio potere! Dopo la
morte di mia moglie, ahimé, sono diventato potente il doppio. Con la morte
della tua matrigna e della tua sorellastra, il mio potere è cresciuto ancora.
Ho bisogno del potere di tutti loro. Sai bene che io non posso farlo, solo tu
puoi sterminarli! Uccidi tutti gli dei dell’Olimpo!-
Il folle avanzava e non faceva altro che ripetere questa
frase: -Uccidi tutti gli dei dell’Olimpo! Uccidi tutti gli dei dell’Olimpo!-
La sua follia lo portò davanti ad un acquario. Osservò
l’edificio per qualche minuto e poi entrò.
Presto le urla si
sarebbero diffuse in tutta la città
Nel magazzino lo zoppo cercò di colpire con il suo martello
da fabbro il signore oscuro e ci riuscì. Lo strumento da lavoro finì contro la
testa del dio e questa si staccò dal collo. Il cane a tre teste si avventò
contro il dio zoppo, ma questo fu stranamente abbastanza veloce da colpire
anche lui.
-Non credevo che fossi così agile, Efesto- affermò Aires
soddisfatto e pronto a combattere.
-In fondo siamo entrambi figli di Era, Ares- gli rispose con
un sorriso sbilenco il dio del fuoco.
Il dio della guerra iniziò a combattere contro le creature
infernali del signore oscuro e fu aiutato dagli uomini meccanici che però presto
furono fatti a pezzi. Le due divinità erano rimaste da sole e al corpo del
signore oscuro presto ricrebbe la testa.
-Efesto non sai che non puoi uccidermi?- gli chiese il
signore oscuro furioso
-E lo sai che questo vale anche per noi?- gli chiese di rimando
il fabbro degli dei
-Ma io non voglio uccidere voi! Voglio uccidere lei!-
scoppiò a ridere indicando Hippolita
Un demone si avventò contro la donna ancora in stato di
choc, ma Ares fu abbastanza veloce da proteggerla.
-Potrete combattere quanto volete ma prima o poi le mie
creature infernali vi sconfiggeranno e la ragazza verrà annientata!-
-Figlia mia!- urlò Ares – devi sbrigarti a capire chi sei!-
La frase figlia mia squarciò ancora di più la sua mente e
finalmente cadde il velo. Si ricordò di quando era fanciulla. Era il giorno in
cui sarebbe stata presentata al resto della tribù. Una donna investita di autorità. La loro
regina. Chiamò il suo nome. Ippolita!
-Io sono Ippolita…- mormorò la donna ancora sconvolta. I tre
dei la sentirono e il signore oscuro urlò ai suoi servitori di muoversi.
-Non riuscirai a vincere Ade! Non oggi!- urlò il dio della
guerra
-Staremo a vedere-
Ippolita si avvicinò alla regina e questa tracciò sulla sua
fronte dei simboli con del colore rosso.
-Tu sei Ippolita, tu sei un amazzone… tu sei figlia di Ares!
Tu sei nata per combattere, per uccidere e per morire in guerra. Prendi questo
scudo! E’ la prima arma che le amazzoni imparano ad usare. Ti servirà per
difenderti. E’ leggero e non avrai difficoltà a portarlo con te. Lo legherai al
tuo braccio e non lo scioglierai da esso nemmeno quando dovrai andare a
dormire…-
Un demone si avventò contro di lei, Ares stavolta era
occupato. La creatura allungò il suo artiglio per colpirla in volto. Arrivò a
pochi centimetri dal suo occhio, poi però si fermò sullo scudo della donna che
respinse il suo assalitore con un calcio.
-Io sono Ippolita! Io sono un amazzone! Io sono la figlia di
Ares!-
-Ora vediamo Ade chi è destinato a perdere!- disse
Ares scoppiando a ridere.
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