domenica 5 novembre 2023

Appunti per una storia sulla Calabria meridionale dal XII secolo d.C - Introduzione

 

Introduzione



Nel redigere una storia dell’area che va da Motta San Giovanni fino a Pentedattilo, sono molte le difficoltà, soprattutto perché sono scarse le fonti scritte e opere storiografiche che ci possono dare una mano e capire ed essere certi di quello che avvenne in questo territorio. Per fortuna abbiamo anche le opere umane che ci possono aiutare a mettere qualche pezzo del puzzle che cerco di sistemare.


I resti di alcune di queste opere riescono ad attestare la presenza umana di sicuro fra il X e l’X secolo. Abbiamo i resti della chiesetta bizantina di Sant’Anastasio in località Fossato, i resti del monastero basiliano di San Giovanni sempre in località Fossato e il castello bizantino di San Niceto a Motta San Giovanni. Più in là con i secoli al momento non si riesce ad andare. Anche se nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria possiamo trovare delle monete rinvenuta sia a Motta San Giovanni che a Montebello che risalgono al periodo greco, nessuna invece a Melito Porto Salvo. La quantità della presenza di monete aumentano invece nel periodo bizantino e successivi.

Probabilmente tutta la zona, che stiamo trattando, era proprio sotto l’influenza del Castello di San Niceto, costruito si pensa da siciliani scappati dalla loro terra durante la dominazione musulmana, proprio per difendere la popolazione dalle frequenti incursioni saracene in quel territorio. Da roccaforte bizantina diventa normanna quando Roberto il Guiscardo e Ruggero I conquistarono la regione.

Sia Vera Von Falkenhausen che Francesca Martorana sono concordi nel sostenere che l’enorme territorio che andava da Valle del Tuccio fino a Sant’Agata era stata data in concessione da re Ruggero II tra il 1142 e il 1143 al monastero basiliano del Santissimo Salvatore de Lingua Phari di Messina da lui stesso fondato e affidato all’archimandrita Luca di Rossano. Si trattava di un territorio <<che partendo dal mare all’altezza del torrente Acrifa, tra Condofuri e marina di S. Lorenzo, risaliva all’interno sino al monte S. Lorenzo, proseguendo, attraverso S. Elia sino al torrente S. Agata, e discendeva nuovamente sino al mare, lungo una linea che, seguendo particolari condizioni orograiche, costeggiava Pentidattilo e Placanica>>.

La terra di Tuccio fu certo una fonte di notevoli entrate per il monastero, ma d’altra parte anche causa di numerosi conflitti giudiziari con i funzionari regi delle città e dei territori demaniali vicini: di Reggio, ad esempio, e di S. Agata e con i baroni che tenevano i feudi confinanti.

Le cause giudiziarie riguardavano prevalentemente la giurisdizione – cioè la bassa giustizia – del monastero su tutti gli abitanti del territorio di Tuccio, e quindi anche su coloro che vi si erano trasferiti da terre demaniali o feudali, un diritto concesso da Ruggero II e ribadito al S.mo Salvatore dallo stesso re, da Guglielmo II, da Costanza e da Federico II, ma contestato ripetutamente dai baiuli regii e dai signori feudali.

Durante la rivolta di Pietro Ruffo conte di Catanzaro contro il principe Manfredi, figlio di Federico II, lo stupor Mundi, che cosa ha fatto Sant’Aniceto e i territori a esso soggetto? Fu ghibellino o guelfo? Niccolò Jamsilla che raccontò nella sua storia di questa ribellione non accenna a nessuno di questi territori. Comunque facciamo una breve digressione per parlare appunto di Pietro Ruffo e di questa famiglia tanto importante in Calabria.

Ps: Questi appunti riguardano alcuni miei recenti studi che intendo condividere con voi. Non vogliono essere né esaustivi né fissi. Di volta in volta in cui scoprirò qualcosa di nuovo che vada a cambiare quello che ho già scritto, modificherò i vari post. Se qualcuno avesse altre informazioni o fonti e volesse condividerle con me, sarà ben accetto. 

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