giovedì 8 marzo 2012

L'editoria "italiana"?

L’editoria “italiana”?
Oggi il mio sdegno non può che andare alla grande editoria che si definisce italiana solo perché hanno le sedi in città d’Italia e perché diffondono opere in lingua italiana. Quali libri però diffondono? Quando non si tratta di autori già affermati, molti stranieri, pochi italiani, riempiono gli scaffali delle librerie con autori americani di thriller o di gialli. Le nostre librerie sono così piene di autori d’oltreoceano che la nostra piccola letteratura, un tempo invidiata da molti, sembra sia stata colonizzata da essa. Quello che mi ha fatto però ancora di più arrabbiare e per cui sto scrivendo è la moda che da un paio d’anni hanno preso gli editori. Esce un film tratto da un libro? Che abbia successo al botteghino o meno, esce il libro dal quale è tratto e indovinate come? Con la copertina fatta dall’immagine del film. Approfittano della pubblicità fatta dal film per poter incassare tanti bei soldoni e allo stesso tempo risparmiare loro stessi sulla pubblicità. Volete avere il libro dal quale è stato tratto il film? Io non lo comprerei, perché già saprei la trama e quindi quale sorpresa avrei? In molti a quanto pare però lo fanno. Lo leggeranno poi o lo lasceranno nei loro scaffali a casa perché tanto sanno come va a finire oppure lo leggeranno per sapere quali sono le differenze? A me non importa e nemmeno agli editori. Agli editori importa che vendano libri e che lo facciano con pochi rischi. Comprare dei diritti per il proprio paese di un autore straniero e pagare il traduttore deve essere più facile di pagare un autore nostrano, poco conosciuto e su cui bisogno spendere tanto per la promozione pubblicitaria. Il problema di fondo è questo. L’editoria italiana non ha il coraggio probabilmente di rischiare così tanto. Così io che entro in una libreria per trovare un autore esordiente italiano non so dove sbattere la testa. La colpa però non è solo dell’editoria, ma anche di un pubblico che si accontenta o che si lascia ingannare da questa mossa commerciale legata ai film. Scommettiamo che i libri di John Carter andranno subito in vetta alle varie classifiche nazionali?

martedì 6 marzo 2012

Torta mimosa

Ingredienti  per 8-10 persone:                                    Grado di difficoltà: Medio
                                                                                   
Per il pan di Spagna: -250 g di farina -220g di zucchero -6 uova -1 bustina di lievito per dolci -1 bustina di vanillina -1 noce di burro -1 pizzico di sale
Per la farcitura: -600 g di crema pasticcera -1,5 litri di panna montata -1 bicchiere di gocce di cioccolato -mezzo bicchiere di alchermes -2 cucchiai di zucchero semolato
-2 cucchiai di zucchero a velo

Tempo di preparazione: 2 ore + 1 ora di riposo in frigo
Tempo di cottura: 35 minuti

Per la torta, montare  gli albumi a neve aggiungendo un cucchiaio di acqua frizzante e un pizzico di sale; conservare in frigo.
Montare i tuorli con lo zucchero, un cucchiaio di acqua frizzante e un pizzico di sale; a seguire incorporare la vanillina e il lievito setacciati con la farina. Infine aggiungere a poco a poco gli albumi montati.
Imburrare e infarinare due teglie, una di 26-28 cm diametro e l'altro di 18-20 cm, versarvi il composto e infornare una teglia alla volta a 150 °C per circa mezz'ora.
Quando le due torte saranno fredde, dividere la più grande in  3 dischi e ridurre l'altra in grosse briciole. Spruzzare ogni strato con il liquore diluito con uno sciroppo ottenuto facendo sciogliere su fuoco basso 2 cucchiai di zucchero in poca acqua.
Per la chantilly, incorporare alla crema pasticcera un litro di panna montata e le scaglie di cioccolato. Dividere la crema in tre parti e distribuirla sui tre dischi ricomponendo la torta.
Alla fine rivestirla tutta con la panna rimasta, quindi coprire la superficie con le briciole di pan di Spagna. Spolverare con lo zucchero a velo e mettere in frigo per almeno un' ora prima di servire.


Mal Ton e Bon Ton

IL galateo a tavola  è il primo suggerimento per una cucina e una degustazione impeccabile. Il primo passo per approcciarci alla cultura del buon cucinare e del bel mangiare.

Divieti

  • Sedersi a tavola prima della padrona di casa.
  • Tenere il cellulare acceso.
  • Rifarsi il trucco o i capelli.
  • Appoggiare i gomiti sul tavolo.
  • Giocherellare con i bicchieri o con le posate.
  • Fare le palline di pane.
  • Augurare Buon Appetito.
  • Chiedere pane o gli stecchini.
  • Servirsi da un piatto da portata con le posate personali.
  • Iniziare a mangiare prima della padrona di casa.
  • Mischiare vino ed acqua.
  • Bere prima di aver pulito la bocca con un tovagliolo.
  • Bere facendo rumore.
  • Far rumore con le posate tra i denti.
  • Fare dei bocconi troppo grandi.
  • Mangiare con ingordigia.
  • Masticare con la bocca aperta o facendo rumore.
  • Fare la scarpetta.
  • Usare gli stecchini.

Attenzione a...

  • Prima di essere serviti o servirsi fare attenzione a togliere il tovagliolo dal piatto ed appoggiarlo sulle gambe.
  • Servire o servirsi da bere da destra, evitando di far tendere la testa all'indietro e di bere tutto d'un colpo.
  • Utilizzare le posate a partire da quelle più esterne.
  • Quando si è finito di mangiare le posate vanno poggiate nel piatto alle quattro e venti o riposte sul poggiaposate se non è previsto il cambio.
  • Il bicchiere a calice lo si regge dalla base del calice stesso o al massimo dallo stelo mantenendolo con due sole dita (indice e pollice).
  • Nei brindisi in onore di qualcuno non è ammessa l'astensione. Gli astemi possono limitarsi a sfiorare il bicchiere con le labbra. I bicchieri non si toccano ed è da escludersi il "cin cin". Nei pranzi privati con un numero di commensali limitato si può rimanere seduti, mentre nei pranzi ufficiali ci si deve alzare.
  • Ridere con discrezione evitando di emettere suoni acuti.
  • Soffiare il naso con discrezione e senza fare troppo rumore, magari allontanandosi dalla tavola.
  • I noccioli della frutta vanno raccolti in una mano chiusa per poi essere depositati nel piatto.

Preparazione della tavola

  • La tavola deve essere apparecchiata con cura prima dell'arrivo degli ospiti.
  • Ogni commesale dovrà avere il sottopiatto, il piatto piano e la fondina. Il sottopiatto dovrà rimanere per tutta la durata del pranzo o della cena.
  • Le posate vanno predisposte nella seguente maniera: a destra del piatto vanno il coltello (con la lama rivolta verso l'interno) ed il cucchiaio, a sinistra le forchette (una o due a seconda delle portate), in alto le posate da dessert.
  • I bicchieri devono essere disposti a destra del piatto sopra i coltelli. Si procede da sinistra verso destra per disporre quello più grande per l'acqua, poi quello medio per il vino rosso e quello piccolo per il vino bianco. Il bicchiere per lo spumante può essere messo sopra questi.
  • Il tovagliolo deve essere piegato in maniera semplice, ad esempio formando un quadrato, per poi essere appoggiato sopra ai piatti.
  • Al centro del tavolo, ma senza creare intralcio, può essere disposto un cetrotavola.
  • Il sale, il pepe, l'olio e l'aceto vengono portati a tavola solo su richiesta dei commensali.

Assegnazione dei posti

  • Se il numero di persone è limitato è possibile un'assegnazione dei posti casuale, altrimenti si devono utilizzare dei segnaposto.
  • L'ospite più anziano e di maggior riguardo dovrà sedere alla destra della padrona di casa ed il secondo ospite d'onore alla sua sinistra. Il padrone di casa avrà a destra l'invitata di maggior riguardo e a sinistra la seconda.
  • I posti tra uomini e donne devono essere disposti in maniera alternata.

Servire in tavola

  • I piatti da portata devono essere serviti da sinistra iniziando dalla persona seduta alla destra della padrona di tavola.
  • Si servono prima le signore poi i signori.
  • Il vino deve essere servito solo dopo il primo antipasto.
  • Le portate vanno servite due volte, e ogni commensale viene servito in maniera contenuta.
  • I piatti devono essere sostituiti ad ogni cambio di portata.
  • Il pane deve essere riposto nell'apposito piattino.
  • La padrona di casa deve fare attenzione che non manchi il pane o l'acqua.
  • Il padrone di casa deve dare consiglio sul vino e facendo attenzione che non manchi.
  • Prima di servire il dessert vanno tolti tutti i bicchieri e le posate inutili.
  • I liquori devono essere serviti dal padrone di casa mentre la padrona di casa serve i dolci.

Il libro della vita e della morte

Il libro della vita e della morte
di Deborah Harkness
Se siete stanchi dei vampiri innamorati (Twilight) o dei maghi orfani, figli  di altrettanti maghi potenti uccisi violentemente (Harry Potter), potete tranquillamente lasciar perdere questo libro. Non vi sono grandi novità, una però è il fatto che i protagonisti sono adulti e l’ambientazione è il mondo adulto. Lei, Diana Bishop, come l’autrice del libro è una storica, che dopo la morte dei suoi genitori, avvenuta quando lei aveva sette anni, ha deciso di scappare dalla magia, invano visto che è la magia a trovarla. Infatti durante una sua ricerca si imbatte in un libro magico dato perso da secoli. Dopo averlo ottenuto, però lo restituisce ignorandolo e poi né lei né nessun altro riescono più a ritrovarlo. Lui, Matthew Clairmont, è un vampiro ma anche uno scienziato e se non basta è anche gran maestro dell’ordine dei cavalieri di San Lazzaro di Betania. Vuole il libro magico che spiegherebbe l’esistenza delle quattro razze che abitano la Terra (streghe e stregoni, umani, vampiri, demoni) e che potrebbe evitare l’estinzione delle creatura soprannaturali. Non solo lui vuole il libro, ma anche la Congregazione, un’antica istituzione che regola i rapporti tra le tre specie soprannaturali e che impedisce alle tre di mischiarsi tra loro perché altrimenti sarebbero troppo appariscenti nei confronti degli umani. Oltre al libro, la congregazione vuole anche la potente magia che c’è dentro Diana. I due protagonisti, superando i pregiudizi tra le loro due razze, diventano prima amici e poi lentamente si innamorano autorizzando così la Congregazione ad intervenire contro di loro. Matthew per mettere al sicuro Diana la porta via dall’Inghilterra in un viaggio che sa tanto di Ti presento i miei. Prima Matthew la porta nel suo castello in Francia e le presenta la sua famiglia composta dalla governante e dalla madre, poi, dopo il rapimento e la tortura subita da Diana da parte di una strega, la porta a casa di lei in America e conosce la zia Sarah e la sua amante Emily. Anche qui però una vampiro, membro della congregazione, li attacca e incredibilmente è Diana a salvare il vampiro, non dimostrandosi affatto una damigella in pericolo. Dopo questo attacco, i due arrivano ad una decisione. Non sono sicuri da nessuna parte in questo tempo e quindi approfittando di un potere di Diana decidono di fare un viaggio nel tempo nell’età elisabettiana. Il libro si conclude con un finale aperto e quindi con molta probabilità ci sarà un sequel che svelerà alcuni segreti non risolti.
Interessante o meno può essere l’utilizzo durante la storia della teoria evolutiva di Darwin e della genetica per spiegare il mondo soprannaturale.
Le creature soprannaturali in realtà sono uomini con alcune caratteristiche particolari: le streghe dominano gli elementi; i vampiri vivono a lungo e hanno istinti animali e sono creature a sangue freddo; i demoni sono umani super intelligenti o folli.
La lettura è piacevole, i personaggi sono caratterizzati bene anche quelli secondari, probabilmente il punto debole è la troppa lentezza della trama. Per 750 pagine accade veramente poco.
Voto 6.5/10

giovedì 23 febbraio 2012

22/11/63


22/11/63
Scrivere una recensione su un libro considerato già da molti un capolavoro o giudicare il lavoro di uno  scrittore  la cui bravura è già stata avallata fa molti, potrebbe sempre un’inutile sforzo di scrittura per me e una perdita di tempo per voi che leggete. Questo è vero, non perdete tempo e andate a comprare e leggere questo libro. Questa recensione però mi servirà solo per mostrarvi le emozioni che mi ha suscitato il Re. Uno dei maestri della narrativa dei nostri tempi parte da un presupposto ormai banalizzato: “Cosa fareste se poteste tornare nel passato e cambiarlo?” Per molti americani la risposta è semplice, salverebbero il loro presidente più amato, JFK. Stephen King si butta quindi sulla politica e parla di un mondo bellissimo grazie a JFK? No! Utilizza le tesi di tutti i maniaci dei complotti del mondo sul delitto a Dallas? No! Per lui il colpevole è quello che lo è per la storia. Utilizza il viaggio nel tempo per poter farci leggere degli anni Sessanta dell’America. Le parole dello Scrittore ci riportano in quella epoca, ci fanno vedere le immagini, sentire i rumori e anche gli odori. Noi siamo catapultati insieme al protagonista nei meravigliosi anni Sessanta. Riguardo al viaggio del tempo ci sono due presupposti che evidenzia più e più volte nel libro: ad ogni viaggio nel passato tutto ricomincia dal primo ottobre, cioè se nel primo viaggio hai salvato una bambina dalla morte e nel secondo ci stai solo per un minuto e non hai il tempo di farlo al ritorno nel futuro la bambina sarà morta; il passato non vuole essere cambiato, cioè nel tentativo di farlo ti può capitare ogni cosa, dallo scoppio di una gomma all’essere pestato da un allibratore. Il protagonista intraprende la sua missione con molti dubbi, ma prima di potersi concentrare su essa ne deve affrontare altre due: salvare una famiglia dal padre e una bambina che altrimenti verrà paralizzata alla schiena per sbaglio da un cacciatore. Nelle prime due missioni, King ci mostra tutta la sua abilità nel creare suspense. Pur sapendo che tutto finirà liscio e che riuscirà ad arrivare incolume alla sua vera missione, più volte ho dubitato e mi sono chiesto: “Che cosa farà succedere? Come risolverà il problema?” Mi sentivo legato al protagonista, partecipavo completamente alla sua avventura. Superate le due missioni secondarie, Jake deve affrontare quella principale, ma prima si trasferisce per un periodo in una tranquilla cittadina americana. Dallas lo angosciava troppo. E’ questa seconda me la parte più riuscita nel libro, dove si vede che lo scrittore è un conoscitore degli animi umani. Crea dei protagonisti che escono dalla pagina per quanto sono tridimensionali. King anche se è considerato il re dell’horror,  riesce a mettere su una meravigliosa storia d’amore. Il protagonista e la sua amata affronteranno grandi prove, poiché il passato è contro di loro, tra cui il fatto che lei verrà sfregiata dal marito. Insieme i due supereranno gli ostacoli che il passato mette sul loro percorso per la mia gioia, visto che sono un’irrimediabile romantico. Insieme giungono al giorno dell’attentato e insieme affrontano il passato che si fa molto più minaccioso. Più è grande il cambiamento che si tenta di compiere, più saranno grandi le sfortune che il passato ti farà succedere. Insieme però riescono a cambiare il destino di JFK, ma tutto ciò ha un prezzo. La vita di lei. Il protagonista decide di tornare nel futuro e ricominciare tutto da capo: salverà lei e il presidente. Il futuro però non è come se lo aspettava. Il mondo è sull’orlo della fine ed è tutta colpa sua che ha salvato la vita al presidente. Torna nel passato per azzerare ogni sua azione e per salvare solo la sua donna. Capisce però che ogni sua azione può alterare e distruggere il mondo. Il passato non vuole essere cambiato, perché non può essere cambiato affinché ci sia un futuro. In un motel non fa altro che pensare a cosa fare. Vivere con lei sarebbe così grave per il futuro? Ci sarebbe davvero il destino del mondo in gioco? Deve scegliere tra il mondo e l’amore? Crede di si e sceglie tra le due cose. Leggete e scoprite se la sua scelta vi piacerà… Se c’è da trovare un neo in questo libro è il protagonista troppo perfetto, troppo intelligente, troppo buono. Siete arrivati fino a questo punto? Accidenti…non perdete ulteriore tempo e andate a leggere il libro.

Voto 9/10

sabato 18 febbraio 2012

Sed quis custodiet ipsos custodet?


Sed quis custodiet ipsos custodet? (Ma chi controllerà I guardian?)

Tra la notte di Sabato 11 Febbraio e Domenica 12 Febbraio all’uscita da una discoteca di Pizzoli, una giovane studentessa laziale dopo essersi divertita, come è giusto che sia alla sua età, ha iniziato a vivere un incubo. Sul suo corpo, ma ancora di più sulla sua anima sono stati incise cicatrici che il tempo potrà rendere meno evidenti, ma che mai potrà cancellare. Quattro giovani l’hanno avvicinata, tra di loro anche una donna, l’hanno aggredita e le hanno usato violenza. Dopo aver finito, ciò che probabilmente per loro era solo un divertimento, l’hanno lasciata atterra svenuta nella fredda neve, seminuda e in una pozza di sangue per le gravi ferite nelle zone genitali. Uno stupro quindi. Un normale stupro, che per quanto aberrante possa essere, non ha nulla di speciale.  C’è però un particolare. I quattro giovani sono stati fermati e a parte la ragazza, tre di loro sono militari, appartenenti al 33esimo reggimento artiglieria Acqui. Ecco la notizia. Persone che hanno giurato di proteggerci si rivoltano contro di noi, abusano di noi e usano la forza contro di noi. Per il ruolo che hanno gli sono stati dati poteri eccezionali e si sa che più grande è il potere e più grande sarà la corruzione. Credevano di essere sopra la legge? Di poter agire senza che nessuno li potesse fermare? Probabilmente si. Sono stati fermati e portati in caserma e dopo essere stati ascoltati come persone informati dei fatti, sono stati rilasciati. Aspettate a gridare allo scandalo. Per il momento gli investigatori stanno indagando e soprattutto stanno valutando le prove scientifiche raccolte. Non iniziate fin da subito a mettere in dubbio la giustizia italiana, comunque anche se dovessero in seguito essere riconosciuti colpevoli e arrestati, non iniziate nemmeno a credere che la giustizia punisca tutti. In fondo questi militari sono solo pesci piccoli, sono infatti militari in ferma breve. Molte altre persone che dovevano proteggerci sono stati accusati e dichiarati colpevoli di crimini ben più gravi eppure la mannaia della giustizia su di loro non è mai calata. E allora chi controllerà i guardiani? Chi ci proteggerà da loro?

sabato 4 febbraio 2012

La signora di Ellis Island


La signora di Ellis Island
Fare la recensione di questo libro per me è molto difficile. Non mi reputo degno di parlare di un libro che mi ha colpito e che reputo uno dei pochi capolavori della letteratura italiana. Qualcuno si chiederà: davvero questo libro è così bello? Vi posso solo dire una cosa. Per me lo è. Quando l’ho letto ho pensato immediatamente all’Iliade e all’Odissea. Questi due capolavori infatti oltre ad essere pieni di gesta eroiche, parlano di un Popolo. Questo libro allo stesso modo parla di un Popolo, il Popolo Calabrese. Ecco perché vi dico che per me lo è. Chi è il nostro Omero? Uno sconosciuto, un ingegnere di sessanta anni, Mimmo Gangemi, che per anni ha mandato i suoi scritti alle più svariate casi editrici fin quando ormai “vecchio” è stato scoperto Giancarlo De Cataldo. Il nostro narratore usa un linguaggio che tocca punti altissimi e allo stesso tempo abbastanza bassi, ma mai troppo volgari, che può essere ironico e drammatico nella stessa pagina. Il libro è diviso in due parti, il protagonista principale è un uomo Giuseppe, figlio maggiore di una famiglia contadina. Nella prima parte del libro è costretto a partire in America perché deve potersi elevare un po’ per poter sposare Assunta, visto che la famiglia di lei si consideravano troppo per lui. Insieme a lui partono tanti amici tra cui Antoni, che invece non vuole più tornare in Calabria, vuole vivere in America e allontanarsi dalla gente che lo conoscono e conoscono la sua vergogna, le corna della madre e delle sorelle. Appena arrivato alla Merica, Giuseppe non si sente bene. Non sapendo di essere allergico, ha mangiato delle fave e non si regge in piedi. Non riesce a passare la visita di controllo e viene messo in isolamento in attesa di essere rispedito a casa. Mentre è colto dalla disperazione, gli appare una signora vestita di azzurro e con un bimbo in braccio, che lo aiuta ad uscire dall’isolamento e lo porta fuori dalla zona di controllo, dove gli amici stupiti lo riabbracciano. Per lui quella signora vestita di azzurro è la Madonna del Carmine. Giuseppe così può iniziare a vivere in America e insieme a Antoni fanno dallo zio Rosario che lavora in una miniera. Anche Giuseppe inizia a lavorare in miniera e a guadagnare i soldi per poter ritornare in Calabria e potersi comprare un podere. Assunta invece è persa. La famiglia l’ha fatta sposare con un altro. Durante il suo soggiorno in America, apprendendo la vita faticosa e discriminata degli italiani emmigrati, conosce due persone, uno è Ehitù, un ragazzo orfano che diventa suo fratello minore, l’altra è Sara. Ehitù è il protagonista di alcune delle scene più toccanti e tristi di tutto il libro. Sara potrebbe essere colei che cambia i piani di Giuseppe  facendolo rimanere in America. Così non avviene perché il padre di lei Turuzzo si oppone. Guadagnati i soldi necessari, ritorna in Calabria. Prima di partire però a Novaiorca intravede una donna che le sembra familiare. Un suo amico rivelerà allo zio Rosario che si tratta di una donna che se la intende con un capo dei gendarmi di guardia a Ellis Island e che quando può lascia passare qualche paesano. Giuseppe stava parlando con un altro e non ascolta altrimenti anche lui avrebbe capito che era stata lei a salvarlo quel giorno. Il mistero è svelato, ma Giuseppe non lo so e mai lo saprà.  Nel suo paese si sposa con Anna Maria, una ragazza che apparteneva ad una famiglia nobile decaduta. Mentre si costruisce la sua famiglia arriva la Grande Guerra e Giuseppe è chiamato alle armi. Sfuggito alla morte, a casa lo attende la tragedia più grande che gli potesse capitare: la morte della sua primogenita Antonia per via della spagnola. Questa tragedia lo incattivisce con i figli rimasti soprattutto con Saverio, anche lui ammalato di spagnola ma sopravvissuto, e lo fa allontanare dalla sua fede che fino a quel momento era salda. Pian piano però supera la tragedia e anche la fede ritorna e con lui il desiderio di avere un figlio prete. Il libro a questo punto passa a parlare di altri due protagonisti Saverio e Ciccio. Uno nella sua vita fuori dal paese e nel mondo, tra Roma, Bengasi e come prigioniero in Australia e Inghilterra, l’altro mentre diventa prete e affronta i dubbi riguardo a questa scelta. Saverio dopo un lungo viaggio di formazione, torna al paese e lì capisce che quella è la sua casa. “Sapeva che gli affetti li avevano riaffondato lì le radici, frantumando l’idea che, dopo tanto girovagare, non si sarebbe più adattato. Era il punto d’approdo, quel disordinati ammasso di case a cavalcioni sul dorso della collina, con i muri di nuda pietra che si ergevano a scorticare la natura, con la distesa grigia di ulivi e i fianchi del monte vestiti di fitta brughiera e d’inverno imbiancati da una nebbia che scendeva a sfumare in dissolvenza ogni cosa. Gli era persino voglia di sentir soffiare il levante tanto odiato dal padre: conteneva il fiato di tutti e le parole che furono, e che a lui erano mancate. Era un mondo di miseria, certo, con nulla delle luci di Bengasi, del senso di pace che trasmetteva Lekemti, delle verdi campagne dell’Essex. Ma si appartenevano l’un l’altro, era l’unico posto dove fermare il suo tempo, perché lì dimoravano i suoi morti, che incatenavano più dei vivi, lì lo inchiodavano il marchio di troppi ricordi, lì si sentiva a casa.”

Voto 10/10

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