Il Demone a
Beslan
Andrea Tarabbia con questo libro entra in un campo minato, osa infatti
narrare la strage di Beslan. Un argomento di per se scontante e rischioso per
qualsiasi scrittore, ma addirittura lui alza la posta. La storia infatti è
narrata in prima persona dall’unico terrorista sopravvissuto alla strage.
Potrebbe rischiare di rendere simpatico il terrorista e quindi la sua crudele
azione. Non lo fa. Ce lo fa odiare attraverso le sue parole? Nemmeno. Tra
questa pagine non esiste il nero o il bianco. I cattivi e i buoni. Ognuno ha le
sue colpe, solo i bambini sono gli innocenti. L’autore ha fatto una grande opera
di bilanciamento. Essa si vede nella struttura della narrazione: ad un capitolo
del passato del terrorista, Marat Bazarev, corrisponde un capitolo della sua
detenzione. Cosi apprendiamo la sua storia, i motivi per cui lo hanno spinto ad
unirsi ai terroristi e alla cellula artefice del sequestro di mille persone. Un
uomo che insieme ad un suo amico passavano il tempo ad un anfiteatro. Uccidere
non era nel loro futuro. Poi un giorno il loro villaggio fu assalito dai russi.
Entrambi si ritrovarono soli, orfani delle loro famiglie. C’erano solo loro due
e la voglia di sopravvivere. Per farlo si sono uniti a dei terroristici ceceni.
L’autore nel descriverli non ha nessuna simpatia per loro, però con dei
capitoli a parte cerca di farci capire la mentalità delle donne, le vedove
cecene, ognuna con la propria mole di sofferenza. Parallelamente nei fatti
della prigionia, il protagonista si scopre ammalato e per di più parla con due
persone inesistenti, Petja, un bambino vittima della strage e un vecchio con un
gatto. Fanno parte della sua coscienza e del suo sentirsi in colpa. Probabilmente
infatti dal suo volere espiare la colpa di quello che ha fatto, non vorrà
accettare il trasferimento in un carcere dove potrà essere curato. Lui non
merita nulla, è un mostro… ma dietro un mostro c’è sempre il suo Frankenstein.
Dalla violenza non può che nascere altra violenza. Il protagonista è dunque
giustificato? No, ma durante la narrazione l’autore non divide il mondo in chi
ha ragione e torto. Lo fa nelle pagine prima che inizi la narrazione però con
una citazione di Dostoevskij “Se le sofferenze dei bambini saranno servite a
completare quella somma di sofferenze che era necessaria a riscattare la
verità, io dichiaro subito che tutta la verità non vale un simile prezzo.” Con
questo libro, secondo me, l’autore ha lanciato una sfida a se stesso, la
difficoltà era enorme ma con la sua bravura ci è riuscito.
Voto
8.5/10
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