martedì 17 gennaio 2012

Confieso que he vivido


Accade in tutte le età. Accade all’alba o all’imbrunire; da soli o in compagnia. Inaspettata viene a cercarci; con prepotenza, bruscamente, nel silenzio, ci tocca, ci riempie di commossa mestizia e implicita felicità.   Accade mentre leggiamo i versi di un polveroso libro; siamo lì che ne fiutiamo l’anima e la carta, riconoscendo in quel profumo atavico l’essenza vera della vita, la responsabilità che c’è nel vivere, la testimonianza di un vissuto. E’ la poesia che ci parla.
Tutto è iniziato inaspettatamente con una canzone dei Pooh e con quel “Dio delle città” a cui loro invocano suppliche.  Non vorrei sembrare blasfema, ma tutto è iniziato da lì.  Da “Uomini soli”. Da una canzone popolare disperata. Ed io altrettanto ad ascoltarla. Non so se definire il testo dei Pooh poesia; sebbene ne apprezzi il testo, non azzarderei un giudizio in proposito. So, però, che ascoltando quelle parole mi è ritornata in mente una vecchia lettura di tanti anni fa. Un capolavoro indiscusso. Una poesia che dopo anni ancora mi riempie e mi tocca: « Uomo solo »,dalla raccolta  “Residenza sulla Terra”, 1925-1931, di Neftalì Ricardo Reyes Basoalto. Il Cile gli diede i natali. Parral è la città d’origine. Il 1904 è l’ anno di nascita. Viaggiò molto e visse una vita intensissima come politico, come poeta e come essere umano. Premio Nobel per la Letteratura nel 1971. Morì nel 1973.  Per chi, come me, ama e apprezza il suo genio, è semplicemente Pablo Neruda.   
Graffia e fa arrossire questa poesia. S’intrecciano giochi surreali, accostamenti di oggetti e persone che abbelliscono il caos e finiscono per animarlo con una pungente forza poetica. Confessa, Pablo Neruda, di aver vissuto e di averli fatti vivere questi uomini. Uomini soli, originariamente liberi, perché non riconoscono null’altro che sé . In maniera ancestale e viscerale il piacere dei sensi percorre ogni verso, lasciandosi dietro un asfissiante angoscia. Amo questo “Uomo solo” questo uomo-umano di Neruda.  Amo i  giovani omosessuali e le ragazze innamorate. Amo le studentesse e i preti che si masturbano; gli sposi e le mosche, i cugini e i professori. Amo la vita cruda e vera. E poi vi ricordo, attraverso le parole del poeta, che quando la spieghi la poesia diventa banale, meglio di ogni spiegazione è l'esperienza diretta delle emozioni che può svelare la poesia ad un animo predisposto a comprenderla. Per questo dimenticate ciò che ho detto sin ora. Infondo, come disse Mario Ruoppolo, alias Massimo Troisi ne “Il Postino”: la poesia non è di chi la scrive, è di chi... gli serve!
  Voto 10/10                                           

Uomo solo

I giovani omosessuali e le ragazze innamorate

e le lunghe vedove che soffrono di delirante insonnia

e le giovani signore ingravidate da trenta ore

e i rauchi gatti che attraversano il mio giardino buio,

come una collana di palpitanti ostriche sessuali

circondano la mia residenza solitaria,

come nemici impiantati contro la mia anima,

come cospiratori in veste da camera

con la consegna di scambiarsi lunghi viscidi baci.

L’estate radiosa guida gli innamorati

in uniformi reggimenti malinconici,

formati da grasse e magre e gaie e tristi coppie:

sotto le eleganti palme, vicino all’oceano e alla luna,

c’è una continua vita di pantaloni e gonne,

un frusciare di calze di seta accarezzate,

seni di donna che luccicano come occhi.

Il piccolo impiegato, dopo tanto,

dopo il trantran settimanale e i romanzi che legge la sera a

letto,

ha definitivamente sedotto la sua vicina

e la porta negli squallidi cinematografi

dove gli eroi son puledri o principi appassionati,

e ne accarezza le gambe piene di dolce peluria

con le ardenti mani sudate che puzzano di sigaretta.

Le sere del seduttore e le notti degli sposi

si uniscono come due lenzuoli per seppellirmi,

e le ore dopo desinare, quando i giovani studenti

e le giovani studentesse e i sacerdoti si masturbano,

e gli animali fornicano senza preludi

e le api odorano di sangue e le mosche ronzano colleriche

e i cugini fanno strani giochi con le cugine

e i medici guardano con rabbia il marito della giovane

paziente,

e le ore del mattino quando il professore, come per una

svista,

assolve il suo debito coniugale e fa colazione,

e più ancora gli adulteri, che si amano di vero amore

sopra letti alti e lunghi come imbarcazioni:

immancabilmente, incessantemente mi assedia

questo gran bosco di respiri e di viluppi

con grandi fiori simili a bocche e a dentature

e nere radici a forma d’unghie e di scarpe.

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